jump to navigation

Cosa è oggi l’AI mercoledì 27 marzo 2024

Posted by andy in Internet e società, tecnologia.
Tags: , , , , ,
add a comment

Dopo il rilascio al pubblico di ChatGPT di Open AI il nuovo mantra è l’intelligenza artificiale.

Sembra che non se ne possa fare più a meno.

Ma in realtà cosa è effettivamente l’AI oggi?

L’AI è di fatto un motore di ricerca evoluto basato su regole statistiche ed algoritmi che hanno imparato quali sono le sequenze più probabili di parole, tra tutte le innumerevoli sequenze che hanno visto nel corso dell’addestramento.

Ciò spiega per esempio come mai esistano i problemi del plagio e della violazione di copyright: di fatto, a domande molto specifiche, la risposta si trova più probabilmente in specifici documenti utilizzati nell’addestramento: libri, articoli di giornale, saggi scientifici, pubblicazioni …

Mentre sino a poco tempo fa una persona poteva arrivare a pubblicare qualche libro nel corso della sua intera esistenza, oggi siamo arrivati al punto di vederci imposto il limite di tre libri al giorno (cfr. Amazon KDP policy).

Ciò significa sostanzialmente che molti autori di fatto ripubblicano informazioni già presenti in Rete, semplicemente delegando la selezione e l’organizzazione dei contenuti all’AI.

Alcune opere potranno essere certamente utili in quanto collezioni di informazioni su temi specifici  (un tempo a scuola li chiamavamo ‘bigini‘ o ‘Bignamini‘ …).

Cosa ci aspetta ora?

Se continueremo a ripubblicare le stesse informazioni, per quanto rielaborate e riorganizzate in forme diverse, e le daremo in pasto all’AI ad ogni nuovo addestramento, ci troveremo a promuovere i contenuti più frequenti (più ‘gettonati’), facendo perdere dalla memoria quelli di uso meno frequente.

Si tratta dello stesso meccanismo per cui si sta impoverendo il linguaggio, riducendo sempre più la quantità di parole conosciute, e rendendo sempre più difficile esprimere concetti specifici, in quando si sono persi i termini che li rappresentano (si veda la concezione della ‘Neolingua‘ di George Orwell in ‘1984‘).

Intelligenza Artificiale e Politica martedì 9 gennaio 2024

Posted by andy in Futurologia, Internet e società, Politica.
add a comment


Negli ultimi anni la Politica sta cercando di normare ed indirizzare l’evoluzione dell’Intelligenza Artificiale.

Mi sono chiesto cosa accadrebbe se invece fosse l’AI a farlo con la Politica.

Ho scoperto che già nel 2021 qualcuno (la IE University) si è posta il problema ed ha effettuato una serie di sondaggi, da cui è emerso che anche la maggioranza degli italiani (anche se in misura inferiore rispetto ad altri paesi) si affiderebbe a programmi e strategie politiche prodotte dall’AI.

Ciò significa che se l’AI fosse un partito eleggibile, potrebbe essere scelta per guidare il paese.

A titolo di curiosità, ho chiesto a ChatGPT (3.5) di produrre un programma politico che tenesse conto dello stato attuale dell’Italia e proponesse strategie di medio e lungo termine per migliorare la situazione del Paese.

Il programma proposto (con tutti i disclaimer del caso) è apparso ragionevole e credibile.
La cosa interessante è che in sostanza riprendeva i temi e le proposte fatte dagli attuali e dai precedenti partiti, i quali tuttavia non attuano quanto promesso in campagna elettorale.

La mia considerazione finale è quindi che l’AI sarebbe più utile nell’attuazione dei programmi, piuttosto che nel proporli.

Sarebbe interessante alle prossime elezioni mettere in competizione i partiti con programmi proposti dall’AI (anche più di una), per valutare le differenze nelle altre proposte (sempre che non siano i partiti stessi a farsi scrivere il programma elettorale dall’AI …).

SPID: identità pseudonime mercoledì 5 luglio 2023

Posted by andy in Uncategorized.
add a comment

Viviamo in un tempo in cui la profilazione delle persone viene definita come il petrolio del terzo millennio.

Le multinazionali ed i malintenzionati costruiscono colossali banche dati di profili di utenti rastrellando dati (scraping) da ogni tipo di social network, anche utilizzando le API offerte (in genere a pagamento) dai social stessi.

Sarebbe possibile limitare sensibilmente queste pratiche consentendo agli utenti di creare dei profili pseudonimi basati su SPID (o CIE, o altro) consentendo di creare delle identità pseudonime associate alla propria identità ufficiale.

Il principio sarebbe esattamente equivalente a quello delle carte di credito virtuali create ad hoc per i pagamenti online.

Mentre per le carte di credito virtuali lo scopo è non esporre la propria carta reale, che potrebbe essere utilizzata per addebiti, l’identità pseudonima avrebbe lo scopo di non esporre la propria identità reale (e-mail, codice fiscale, dati personali, etc.) che potrebbe consentire di ricostruire il profilo della singola persona riconciliando i suoi dati utilizzati su siti diversi.

La pratica può essere osteggiata perché diviene complesso in caso di indagine identificare i diversi profili utilizzati da un utente su piattaforme diverse senza un mandato (e purtroppo per alcuni anche poter tracciare le fonti utilizzate dai giornalisti).

D’altra parte ogni identità così creata sarebbe immediatamente riconciliabile con tutte le altre (previo mandato dell’autorità) accedendo all’identità reale partendo da un’identità pseudonima.

Ai fini delle garanzie per la Privacy, in ogni caso, non dovrebbe essere consentito ottenere tutte le identità pseudonime associate ad un’identità reale: deve essere consentita soltanto la traduzione inversa: da pseudonima a reale.

L’implementazione potrebbe essere relativamente semplice, consentendo la creazione di una identità con nome, cognome, data di nascita, codice fiscale, etc. associati alla propria identità SPID.
L’indirizzo di e-mail dovrebbe essere fornito dall’utente, basandosi su servizi di e-mail relay, come quello di Firefox ed altri.

L’iniziativa dovrebbe ottenere tutto il supporto da parte dell’Autorità Garante per la Privacy, favorendo la protezione della Privacy delle persone.
L’ostacolo principale lo si potrebbe trovare in caso di indagine, in quanto complicherebbe non poco l’OSINT (Open Source Intelligence).

Vantaggi: di sistemi analoghi è pieno il Web, con provider che offrono la creazione di account di posta elettronica privati e crittografati.
La differenza starebbe nella certificazione dell’identità: qualunque sito che volesse essere certo che l’account che viene utilizzato non è un account fake, avrebbe la certezza che dietro all’account pseudonimo vi è certamente un account reale e verificato da un’Autorità garante.

Termini al femminile, quote rosa, etc. venerdì 30 settembre 2022

Posted by andy in Uncategorized.
add a comment

Per non perdere l’abitudine, mi trovo ancora una volta a fare l’avvocato del diavolo.

Questa volta dedico qualche considerazione ai due temi della discriminazione femminile, con particolare attenzione alle ‘quote rosa’, ed alla tendenza a voler utilizzare forzatamente alcuni termini al femminile.

Sulle quote rosa non c’è molto da dire: sono semplicemente incostituzionali: come previsto dall’articolo 3 della nostra Costituzione, ‘Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, ...’.

Le quote rosa possono essere discriminatorie nei confronti degli uomini se, ad esempio in un concorso o per un’assunzione, venga scelta una donna con meno titoli.

Tuttavia possono essere discriminatorie per le donne, quando si verifichi la situazione opposta, e cioè nel caso in cui venga forzatamente selezionato un uomo, nonostante vi siano donne con titoli migliori. .

Casi e contestazioni del genere si sono già verificate, per esempio in Svezia.

E forzature a parte, esistono contesti un tempo monopòli maschili che sono ormai a principale rappresentanza femminile, senza alcun intervento di regolamentazione.

Veniamo ora alla diatriba sull’utilizzo si termini professionali soltanto al maschile o all’adozione dei neologismi al femminile.

Aldilà dell’utilizzo di neologismi spinti da movimenti femministi piuttosto estremisti, vale la pena di approfondire quanto un termine identifichi una professione piuttosto che una persona.

Prendiamo ad esempio il termine ‘avvocato’, e siamo un’occhiata alla sua etimologia: deriva dal termine latino advocatus, participio passato del verbo advocare, che significa ‘chiamare a sé, chiamare in aiuto’.

Ci riferiamo quindi non ad una persona, ma ad un’azione: quando chiediamo aiuto, quanto è importante se chi chi aiuta sia di sesso maschile o femminile?

Naturalmente altri termini derivano da sostantivi o aggettivi dotati di genere, come minister, (servitore), da cui derivano i termini ministro e ministra.

Insomma, varrebbe la pena di concentrarsi sui significati, senza pretendere ciecamente di trovare un genere in termini che non lo hanno, e d’altra parte non negare la dignità di genere a termini che rappresentano ruoli e professioni che vengono svolte con parti dignità da persone di entrambi i sessi.

In conclusione, personalmente non amo il concentrarsi più sulla forma che sulla sostanza: un bel giorno qualcuno potrebbe anche pretendere l’accettazione di termini come ‘navo’ al posto di’nave’, ‘àncoro’ al posto di ‘àncora’, ‘poleno’ al posto di ‘polena’, e così via …

Un buon esempio su come buttare i soldi dei contribuenti … mercoledì 28 settembre 2022

Posted by andy in Uncategorized.
add a comment

Pochissimi anni fa è stata rifatta integralmente la segnaletica interna al Palazzo di Giustizia di Milano – https://it.m.wikipedia.org/wiki/Palazzo_di_Giustizia_(Milano) (sapete, tutti quei cartelli che indicano ascensori, bagni, uscite di emergenza, numeri di stanza, corridoi, e così via …).

Palazzo di Giustizia di Milano

https://it.m.wikipedia.org/wiki/Palazzo_di_Giustizia_(Milano)

Al di la dell’idea, secondo me deprecabile, di spersonalizzare i nomi dei corridoi, originariamente intitolati ai nomi dei grandi della Giustizia ed ora sostituiti con degli anonimi numerali, vale la pena concentrarsi sulla qualità del lavoro fatto.

È soggettivo apprezzare o meno il gusto di chi li ha pensati e di chi ne ha approvato il progetto (secondo me i cartelli sono invisibili ed illeggibili – provate a cercare un bagno), ma questa è un’altra storia.

Vorrei invece concentrarmi su un altro aspetto: quello della qualità del progetto e si come sono stati spesi i soldi dei contribuenti.

Il Palazzo è stato costruito tra il 1932 ed il 1940, e questo fatto potrebbe far dire ad alcuni nostalgici che ‘a quei tempi i treni arrivavano in orario‘; tuttavia l’aspetto che più mi interessa in questo momento è lo spirito con cui si affrontavano progetti e lavori a quei tempi.

Un Tribunale è un’opera che è destinata a durare nel tempo (non è un tensione da circo che si monta e si smonta dopo qualche giorno di spettacoli), ed è addirittura destinata a sopravvivere a chi l’ha voluto e a chi l’ha progettato.

A parte l’ambizione e la volontà di voler lasciare un buon ricordo del proprio passaggio su questa Terra, oggettivamente si tratta di lavori la cui fattura deve essere adeguata agli obiettivi di durata (possibilmente non come il Ponte Morandi di Genova).

In quest’ottica, nei suoi circa 90 di onorato servizio questo edificio è costato veramente poco ai cittadini: essendo costruito con materiali durevoli (marmo, granito, cemento, …), non ha praticamente mai richiesto importante manutenenzione.

Tolta la necessità dopo un’ottantina d’anni di fissare meglio i marmi della facciata, tutto sommato questi ecumenico se l’è cavata con qualche lucidata di pavimenti di tanti in tanto, e poco altro.

E veniamo ora al fatto degno di nota: pochi anni or sono (ma veramente pochi!) qualcuno ha ritenuto necessario aggiornare la segnaletica interna al Palazzo (OK, c’è n’era bisogno: se in origine il Palazzo era pieno di bidelli ed uscieri che davano informazioni al pubblico, oggi che non ci sono più le persone hanno realmente difficoltà ad orientarsi.

Ecco allora entrare in gioco la sprovvedutezza di chi ha fatto il capitolato, di chi ha fatto il progetto, di chi lo ha approvato, ed anche di chi ha fatto leggi contro l’interesse dello Stato(*).

Lascerò tuttavia al lettore di trarre le conclusioni che riterrà più opportune mostrando prima quale sia l’ingegnosità moderna del risparmio selvaggio, e quindi l’approccio di chi il Palazzo lo ha immaginato e poi realizzato.

Insegna scollata n. 1
Insegna scollata n. 2

Insegna originale, in cemento

Il risparmio selvaggio ha portato ad incollare le nuove insegne sulla vernice e sull’intonaco, e con il tempo (molto poco, in verità, sono cadute portandosi dietro l’imbiancatura fatta pochissimi anni prima.

Le insegne originali, vecchie di almeno ottant’anni, sono ancora li, perfette; al limite, se il tempo le sbiadisce, basta passare con un ruolo ed un po’ di vernice rossa, con un costo di pochi minuti e pochi Euro.

Quanto costerà invece rifare tutta la (nuovissima) segnaletica del Palazzo?

… ai contribuenti l’ardua sentenza (perché alla fine si scoprirà che ogni garanzia sul lavoro sarà scaduta, o forse non sarà neppure stata prevista nel contratto, per spendere meno).

(*) Nota: ho lasciato in sospeso una questione, quella della sprovvedutezza(?) dei politici che abbiamo eletto (o troppo spesso non eletto).

Com’era quel vecchio adagio popolare …? Chi più spende, meno spende…?

Del nuovo Principato del MareBlu martedì 20 settembre 2022

Posted by andy in Libertà dell'informazione, Politica.
add a comment

Questa estate ho avuto nuovamente modo di dimorare per un po’ di tempo presso un ameno paesino della riviera ligure di ponente.

Pensavo che si trattasse di un normale comune della Liguria, ma ho dovuto ricredermi: si trattava del nascente principato del MareBlu!
Ovunque guardassi, ovunque mi voltassi, bandiere del MareBlu per ogni dove, esposte in cima ad ogni asta e pennone.
Essendo già stato ospite in passato di tale comune, avevo memoria di bandiere italiane esposte in tutti i luoghi più rilevanti del paese.

Quest’anno invece no: soltanto una bandiera di fronte al municipio (tra l’altro esposta in posizione subalterna a quella europea) e, per fortuna, quella ben issata nello stabilimento dei Bagni Italia.

A ben cercare, un altro paio di bandiere italiane le ho trovate, piccole, lacere e comunque sempre in posizione subalterna a quella del MareBlu.

La più grande bandiera che ho visto era una bandiera australiana, ben esposta in uno degli stabilimenti balneari.

La nostra bandiera non sventolava più neppure fuori dalle scuole, al comando della Polizia Locale ed alla stazione dei Carabinieri.

Persino la posizione d’onore tra le bandiere delle quattro repubbliche marinare era stata riservata alla bandiera del MareBlu.

Ho documentato fotograficamente il tutto ed ho chiesto spiegazioni al sindaco del paese, che mi ha risposto che il Comune è costretto ad esporre ed a far esporre le bandiere del MareBlu, pagandole anche di tasca propria ben 20€ cadauna.
Tuttavia non ha saputo spiegarmi come mai la nostra bandiera fuori dal Municipio fosse esposta in posizione sbagliata, e come mai fosse stata sostituita nella posizione d’onore tra le Repubbliche Marinare da una bandiera che rappresenta poco più che un test chimico.

Durante un colloquio telefonico da me richiesto, il sindaco si è impegnato a provvedere per l’anno prossimo.
A quanto pare, sino ad allora, il comune di Celle Ligure resterà evidentemente un comune de-italianizzato.

Ho provveduto anche a segnalare l’anomalia su un blog locale (I Mugugni di Celle) il cui moderatore ha provveduto a censurare  il mio post con la documentazione fotografica (approvando invece tutte le segnalazioni di smarrimento sul territorio comunale di gatti, cani, telefoni e chiavi).
Ad un mio secondo post in cui relazionavo quanto emerso con il sindaco, qualcuno ha anche risposto chiedendo a quale bandiera mi riferissi …

Mi è dispiaciuto dover essere io a spiegare al sindaco quanto la nostra bandiera rappresenti rispetto a quella del MareBlu.

La nostra Bandiera è il simbolo che rappresenta la nostra Costituzione e tutti i diritti che i nostri nonni e bisnonni hanno conquistato per noi, pagandoli anche con la propria vita.
Purtroppo in troppi se la ricordano soltanto quando vince la nazionale di calcio, e persino le autorità e le Forze dell’Ordine di una municipalità sono disposte a sostituirla con un’insegna blu, che nel mondo rappresenta non noi, bensì poco più che un banale test chimico sulla qualità dell’acqua.
D’ora in poi i turisti che verranno in Italia non cercheranno più il ‘Made in Italy’, bensì il ‘Made in MareBlu’.

NOTA: ovviamente la documentazione fotografica e le email inviate al sindaco di Celle Ligure sono disponibili per qualsiasi verifica.

Cyber-ignoranza, Sensazionalismo e Caccia alle Streghe mercoledì 4 agosto 2021

Posted by andy in Information Security, Pubblica Amministrazione.
Tags: , , , , , ,
add a comment

È di questi giorni l’attacco ai sistemi informatici della Regione Lazio.

Al momento il sito della Regione Lazio è irraggiungibile, ed il sito del Garante è estremamente riservato sulle notizie.

Come sempre accade in queste situazioni, la stampa è prodiga di titoloni ed ipotesi spacciate per verità, basate su voci di corridoio, ipotesi, congetture.

La conseguenza immediata è che i lettori si scatenano a loro volta in thread di post e flames sulle responsabilità, su cosa doveva essere fatto e non è stato fatto, sull’incompetenza di questo o quell’operatore …

È bello vedere che finalmente l’Italia è attenta alla sicurezza delle informazioni, disponendo di circa 59 milioni di esperti, inclusi gli infanti.

L’attacco è andato a buon fine, ma senza il completamento delle indagini non ci è dato sapere (eccetto che ai pochi che stanno gestendo l’incidente) se sia stato dovuto ad inadeguatezza delle risorse poste a difesa dei sistemi o per superiorità di risorse messe in campo dal nemico.

Detto ciò, mi permetto di chiedere a tutti coloro che in questi giorni stanno facendo affermazioni sulle cause e sulle responsabilità se abbiano un antivirus sul proprio smartphone, se abbiano mai comunicato una propria password a qualcuno, se veramente non abbiano mai click’ato su un link di cui non erano assolutamente certi dell’affidabilità, se abbiano un backup dei propri dati in un proprio caveau diverso dal proprio PC o smartphone o cloud di turno, e così via …

Indipendentemente da quale sia stata la vulnerabilità sfruttata in questo incidente, è fondamentale rammentare a tutti che la più grave vulnerabilità e principale causa di incidenti informatici resta sempre l’essere umano.
Ed in Italia abbiamo più esseri umani che server …

Inviterei poi tutti coloro che sputano sentenze dal proprio pulpito (anche se socialmente virtuale) come si comportino sul proprio luogo di lavoro, con i computer ed i programmi della propria azienda o pubblica amministrazione …

Da  bravi italiani siamo sempre bravi a lamentarci  (… una palanca in meno, ma diritto di mugugno …) concentrandoci sugli effetti, e mai sulle cause.
Perché tutti coloro che si lamentano non iniziano per primi a gestire in sicurezza i propri dati e quelli dell’azienda o dell’amministrazione per cui lavorano, senza lamentarsi della seccatura della lunghezza della password che deve essere cambiata troppo spesso?

Perché queste persone non smettono di chat’are di lavoro attraverso canali non sicuri ed iniziano ad utilizzare programmi che cifrano realmente le comunicazioni, anche se non sono quelli di moda e che hanno l’icona più bella?
Perché queste persone non iniziano a leggersi le condizioni di servizio e le politiche per la privacy di ogni programma ed ogni sito che visitano?

Ah, già! Costa tempo e fatica …!

Peccato che dietro la nostra pigrizia individuale ci siano anche i dati degli abitanti della Regione Lazio, le buste paga dei colleghi, il fascicolo medico di qualcuno che l’anno prossimo pagherà un premio più alto sulla propria assicurazione sulla vita, senza capire perché …

Nota: ho già avuto modo di avere riscontri su queste mie considerazioni, ed ho rilevato che in molti cercano di correlare quanto ho scritto alle specificità dell’incidente della Regione Lazio, non ritenendolo pertinente nella ricerca delle responsabilità.

Approfitto quindi per chiarire subito che il tema del mio commento non è quello delle responsabilità del personale preposto a gestire la sicurezza.

Intendo invece evidenziare che in queste situazioni troppe persone si lanciano nella caccia al colpevole, molto spesso senza competenze specifiche, e certamente senza informazioni reali, oggettive, aggiornate e complete su ciò che è accaduto.

L’analisi dell’accaduto e le indagini sulle responsabilità sono operazioni estremamente complesse, che non richiedono minuti od ore, ed i cui risultati dipendono sia dalla comprensione di cosa è accaduto sia da dalle azioni messe o meno in campo, in relazione all’analisi dei rischi effettuata ed alle risorse che è stato possibile mettere a disposizione per gestirli.

No-Vax, No-Mask, No-* e la Cultura dell’Ignoranza giovedì 15 luglio 2021

Posted by andy in COVID-19, pensieri, Politica, tecnologia.
add a comment

Prima che sorgano fraintendimenti tra ciò che intendo significare e ciò che il lettore vorrà capire, è doverosa una precisazione.

Con ‘ignoranza’ (o ‘ignorante’ se mi riferisco ad una persona) non intendo offendere nessuno.

Utilizzo questo termine nella sua accezione più pura e non offensiva: il termine deve essere letto esattamente come ‘mancanza di conoscenza’ / ‘mancanza di informazione’.

Il fatto che una persona non sia informata su un argomento può dipendere da molte cause, esterne o interne.

Una persona può non avere cognizione di qualcosa in quanto non l’ha studiata, perché non ha sufficienti competenze per comprenderla, o semplicemente perché non gli è mai capitato di incontrare l’argomento per poterlo approfondire.

Esiste tuttavia un altro caso, e cioè quello in cui una persona sia venuta a conoscenza di un argomento, ma scientemente e deliberatamente si rifiuti di analizzarne il contenuto per verificarne le conclusioni, non accettandole per partito preso.

Veniamo ora al tema di questo post: con qualche breve esempio intendo dimostrare che la non accettazione di cose come i vaccini e l’utilizzo delle mascherine in periodo di pandemia derivano da una cultura di superficialità che abbiamo costruito negli ultimi decenni.

Il motivo? È semplice: una persona che prende per vere delle affermazioni senza verificarle è una persona che più facilmente voterà colui che diffonderà lo slogan migliore, avrà il poster più grande, o semplicemente prometterà cose che non potrà mantenere.

Una persona così è anche più facilmente condizionabile dal mercato, perché sarà più facile da convincere che è migliore il prodotto di un’azienda invece che di un’altra, anche se non è realmente il migliore.

La superficialità è energeticamente economica, perché consente di non spendere tempo e fatica a documentarsi, studiare e comprendere.

Per poterlo fare occorre naturalmente non accettare il metodo scientifico, che in sostanza è quello che fa delle ipotesi e descrive come riprodurne e verificarne gli effetti.

A meno di teorie migliori, quelle scientifiche non possono essere confutate mediante controesempi.

E vengo alla chiusa di questo mio post: a meno che i no-vax / no-mask / no-* vivano ancora nelle caverne, sono degli incoerenti, in quanto accettano ed utilizzano la scienza quando gli fa comodo, ma la confutano quando dimostra cose che non sono in linea con le idee che gli sono state propinate.

Sarei curioso di sapere quanti no-vax affidano quotidianamente la propria vita alla scienza, che è quella che ha portato alla realizzazione, per esempio, dell’ABS; ogni frenata in automobile è controllata da un chip, alimentato a corrente.

Chissà se i no-vax non mangiano gelati, e non utilizzano il frigorifero per conservare i cibi: eppure in Italia per avere temperature inferiori allo zero occorre portarsi in alta montagna … molto alta …

Oppure si accetta il secondo principio della termodinamica e le sue applicazioni.

Chissà quanti no-vax utilizzano il telefono cellulare per comunicare, nonostante il suo funzionamento si basi (anche) sulle leggi dell’elettromagnetismo: certo possono lamentarsi del ‘5G’, ma si lamentano se un messaggio o un’immagine non vengono trasferiti istantaneamente in qualunque luogo del globo terraqueo.

Chissà se i no-vax guardano la televisione (ancora elettromagnetismo), o prendono la nave o l’aereo per andare in vacanza (fluidodinamica), o utilizzano detersivi (chimica), o …

Chissà se hanno dei pannelli solari sul tetto, o delle lampadine a LED …

Chissà se i no-vax utilizzano il navigatore ed il GPS, che può funzionare soltanto padroneggiando la Teoria della Relatività …

Chissà se in casa hanno rubinetti con l’acqua corrente (li sfido a portare in casa propria tutta l’acqua che consumano ogni giorno senza padroneggiare elettrodinamica, fisica dei materiali, idraulica, etc.

Chissà come sarebbe la vita dei no-vax se non fossero stati vaccinati in gioventù contro Poliomielite, Epatite ed altre otto malattie potenzialmente fatali, …

E comunque i complottisti no-vax possono approfittare proprio del metodo scientifico per dimostrare le proprie teorie: è sufficiente prendere una fiala (scelta a caso) di vaccino, ed analizzarne il contenuto con gli strumenti più sofisticati.

Ma non lo faranno mai, perché se non dovessero trovare nulla, dovrebbero ammettere di avere torto e non avrebbero più scuse per non vaccinarsi (ovviamente a meno di patologie personali pregresse).

Ovviamente non è possibile che ognuno studi tutto lo scibile umano: laddove non è possibile verificare direttamente, ci si fida di un delegato (qualcuno che ha studiato la materia specifica): in realtà, il fidarci di qualcuno è una cosa che facciamo abitualmente, delegando un condomino in assemblea condominiale, o votando un politico alle elezioni …

Tasse e Servizi mercoledì 14 luglio 2021

Posted by andy in pensieri, vita quotidiana.
add a comment

In tanti anni posso contare sulle dita di una mano le persone che erano orgogliose di pagare le tasse per il proprio Stato.

Il mugugno sul pagamento delle tasse supera di gran lunga quelli per il fatto che non si trova più parcheggio e che non ci sono più le mezze stagioni … 🙂

Eppure tutte queste persone che si lamentano danno per scontato di avere l’elettricità (ed Internet) in casa, l’acqua corrente, le strade asfaltate, l’illuminazione stradale notturna, etc. etc. etc.

Nessuno si chiede come sarebbe la propria vita senza acqua corrente e senza fognature: eppure qualcuno paga per costruirle e mantenerle in buon funzionamento.

Nessuno si chiede quanto ci metterebbe ad andare al lavoro se le strade fossero sterrate e con le buche e se non vi fossero i semafori.

Nessuno si chiede come potrebbe far valere i propri diritti se non venisse pagato il personale delle forze dell’Ordine e della Magistratura.

Nessuno si chiede come potrebbe mangiare frutta non di stagione se non vi fosse qualcuno che paga per avere porti ed aeroporti.

In tanti si lamentano di chi non paga le tasse, ma poi non si fanno fare la fattura dall’idraulico, vanno a godersi la pensione in paesi a tassazione agevolata, prendono la residenza nella seconda casa, e votano che promette condoni edilizi e fiscali.

Le ragioni e le cause sono tante, ed un giorno o l’altro mi lancerò in una possibile analisi.

Certamente si percepisce il segno di una scuola che fa troppo nozionismo e non insegna a ragionare e di un paese troppo individualista per poter riconoscere ed apprezzare il valore del bene comune.

L’Anisotropia della Mente Umana martedì 13 luglio 2021

Posted by andy in pensieri, vita quotidiana.
add a comment

In natura è piuttosto raro riscontrare comportamenti che abbiano comportamenti differenti a seconda di come li si consideri.

La mente umana è quindi una peculiare eccezione a questa uniformità, manifestando un’anisotropia assolutamente degna di nota.

Vi sarà certamente capitato di osservare come molte persone siano in grado di aprire le porte, ma non di chiuderle, o di accendere le luci entrando in una stanza, ma non di spegnerle uscendo.

Per non parlare di rubinetti aperti ma non chiusi, di bottiglie per cui andiamo al supermercato ma che non siamo in grado poi di portare ad un bidone della spazzatura (per di più vuote, e quindi più leggere!).

Nel novero delle anomalie non può certo mancare il fatto che gli italiani si lamentano di chi non paga le tasse, ma poi si guardano bene dal farsi fare la fattura da idraulici, elettricisti e dentisti per risparmiare qualche Euro di IVA …

L’elenco potrebbe continuare a lungo, ma la cosa più interessante su cui indagare è la causa che porta a siffatti comportamenti.

Certamente una delle cause è il (troppo?) benessere in cui viviamo: il consumismo ci ha portato a pensare che tante, troppe cose non costino nulla o costino così poco da non meritare la nostra attenzione ed il nostro tempo.

Un altro aspetto, tuttavia derivante direttamente dal consumismo, è che ci siamo convinti che il tempo sia ben speso soltanto se si spendono dei soldi, ed e per questo che ci si considera insoddisfatti se si lavora o se ci si gode qualche minuto di tranquillità, perché ci siamo costruiti dei miti in stile vacanza ad Honolulu.

E pertanto siamo disposti a pagare di più la bolletta della corrente e quella dell’acqua perché ci siamo convinti che anche quel breve istante che ci costerebbe chiudere un rubinetto o una porta sia tolto alla ‘felicita’ per cui ci stiamo alacremente affaticando.

Probabilmente riuscire ad apprezzare lo spegnimento di una luce e la chiusura di un rubinetto aiuterebbe a dare un po’ più di valore al proprio tempo ed alla propria vita (forse inquinando anche un po’ meno …!).