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Il Governo e la scuola al tempo del Covid lunedì 11 Maggio 2020

Posted by andy in Politica, Pubblica Amministrazione.
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A volte viene da chiedersi se a Roma chi è incaricato di gestire l’istruzione italiana sia mai andato a scuola.

Se ne potrebbe parlare all’infinito, ma alcune proposte degli ultimi giorni fanno pensare …

Ad esempio, c’è chi ha proposto per la ripresa della scuola a Settembre di far entrare le classi scaglionandole una ogni quarto d’ora …

Comprendo benissimo che in questo periodo il Governo ha problemi colossali da risolvere, ma i ministri si avvalgono anche di schiere di consulenti specializzati che sono incaricati di occuparsi dei dettagli dei problemi, e che dovrebbero anche avere cognizione della materia di cui si deve occupare il ministero a cui sono assegnati …

È possibile che il ministro si sia circondato di incompetenti? È possibile che il ministro non abbia neppure uno straccio di senso critico per rimandare a casa persone che propongono cose assurde, invece che rimbalzarle assumendosi le responsabilità di ciò che propongono?

Ora, una scuola con 22 classi impiegherebbe circa 5 ore e mezza per far entrare tutti gli allievi, ed al termine dell’ingresso dell’ultima classe dovrebbe iniziare a far uscire gli allievi, per altre 5 ore e mezza.

In pratica, se il primo allievo entra alle 8, l’ultimo esce alle 19 …

Viene naturalmente chiedersi come sarebbe possibile organizzare le lezioni in questo modo, come potrebbero organizzarsi i genitori per portare a scuola i figli e per tornare a riprenderli ed infine cosa ne penserebbero docenti e sindacati …

Supponendo pure di avere due ingressi, si potrebbero ridurre i tempi a quasi tre ore: il problema non cambierebbe sostanzialmente ed i docenti si troverebbero a dover gestire delle lezioni ‘itineranti’ …

Ho usato soltanto somme, moltiplicazioni e divisioni: possibile che al Governo non sappiano fare neppure i conticini della massaia (roba da elementari)?

E non è finita: c’è anche chi propone di tenere gli esami di terza media durante le ultime settimane di scuola: un insegnante ad esempio di musica con tre corsi si trova ad avere circa 3 x 25 = 75  studenti che devono fare l’esame.

Supposto di dedicare (ottimisticamente) anche soltanto un quarto d’ora a studente, si riescono ad esaminare 4 allievi all’ora, per un totale di quasi 20 ore: in pratica tale docente si troverebbe ad avere tutto il proprio orario impegnato per seguire gli esami, senza poter essere in classe a tenere lezione.

Resta poi da chiedersi chi terrebbe le classi in tali ore …

Perché non posticipare gli esami a dopo il termine della didattica? I docenti sono comunque pagati per 12 mesi all’anno.

Non parliamo poi degli strumenti dedicati alla didattica a distanza, ove il Governo ha totalmente ignorato le proprie responsabilità, delegando ciecamente ogni scuola ad arrangiarsi con quello che trovava, con il prodotto che più o meno di grido, o che stava più o meno simpatico a questo o quel docente, senza considerare che tutti gli strumenti utilizzati (Zoom, GSuite, etc.) trasferiscono dati di minori negli Stati Uniti (extra UE) senza alcun accordo scritto sulla protezione dei dati e senza alcun coinvolgimento del Garante per la Privacy, che si è defilato anche questa volta, come per tutti gli strumenti adottati per lo ‘smart working‘ (o lavoro agile) della Pubblica Amministrazione.

Devo tuttavia osservare che vi sono anche proposte interessanti, come quella di organizzare la didattica in due sessioni, una mattutina ed una pomeridiana, sfalsate rispetto agli orari di punta, in modo da dimezzare la quantità di studenti presenti a scuola e ridurre la congestione dei mezzi negli orari di punta.

 

Sulla valutazione degli insegnanti e delle scuole domenica 26 aprile 2020

Posted by andy in Miglioramento.
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Concedetemi una breve dissertazione sul tema della valutazione degli insegnanti, tema estremamente indigesto sia a loro che ai sindacati.

In passato ho avuto accese discussioni sul tema con alcuni genitori, docenti ed allievi, che affermavano l’impossibilità oggettiva di valutare (nel senso di ‘dare un voto’ e fare una classifica) docenti e scuole.

Ognuno ha le proprie idee ed opinioni, ma provo a raccogliere alcune idee per dimostrare che in realtà una tale classifica può essere fatta, ed in realtà già viene fatta.

In primo luogo iniziamo a chiederci a chi una tale classifica, se fosse possibile, andrebbe indigesta: certamente ci sono i docenti che cercano di fare il minimo sindacale per portare a casa lo stipendio (non voglio offendere la categoria: sono pochi, ma esistono), e certamente i sindacati, che con la scusa della difesa dei diritti di tutti puntano sempre all’appiattimento, in modo da far avere poco a tutti, invece che incentivare le eccellenze e favorire la competizione verso il miglioramento.

Per inciso la scuola è il fondamento del futuro delle persone e degli stati: senza un’adeguata formazione ed incentivo alla crescita culturale e professionale, le future generazioni dovranno sempre più competere (al ribasso) sul mercato del lavoro non qualificato (e quindi mal retribuito), e quindi sempre più in competizione con l’automazione industriale, che sostituisce la manodopera con i robot.

Vale la pena osservare anche che portare un ragazzo alla laurea costa allo stato ed alla sua famiglia non meno di 250.000 ~ 300.000 Euro (almeno 18 anni di studio, senza contare stage e master e specializzazioni), includendo naturalmente il costo per le strutture, per i docenti, per il mantenimento, per i libri, etc. etc. etc.

Ogni volta che un giovane si trasferisce all’estero per cercare lavoro, perché in Italia il lavoro non si trova oppure è retribuito in modo non competitivo con le offerte all’estero, lo Stato si impoverisce di un quarto di milione di Euro (in altre parole, i cittadini hanno pagato altrettante tasse per finanziare le aziende estere che assumono i nostri giovani).

Immaginate di possedere un’azienda, e di dover assumere una persona per svolgere un lavoro qualificato; avete due alternative: o assumete una persona non qualificata e la formate a spese vostre (si legga: spendete centinaia di migliaia di Euro per fargli fare tutti i corsi necessari ed aspettate anni perché il neoassunto sia preparato), oppure gli offrite qualche spicciolo più di quanto gli avrebbero offerto in Italia (1.000 Euro al mese bastano) per portarvi in casa una persona che ha già un bagaglio culturale e di conoscenze da un quarto di milione di Euro.

Detto ciò, entriamo nel merito dell’oggetto di questo post.

Come ogni genitore, nel corso degli anni mi sono dovuto confrontare con il problema della selezione della scuola ove iscrivere i propri figli.

Non esistono classifiche formali che diano un voto alle scuole, che tra l’altro dovrebbe basarsi anche su un voto assegnato ai singoli docenti.

Guai a parlare di classifiche e di meritocrazia.

Tuttavia, all’interno di ogni scuola si sa quali siano i docenti migliori e quelli incompetenti o che ‘tirano a campare’ in attesa della pensione.

Altrettanto vale per la selezione delle scuole: mi è capitato di ascoltare discorsi di altri genitori, in cui la discriminante era, ad esempio, la quantità di compiti assegnati e da svolgere a casa: c’era chi cercava una scuola che spremessi i figli e li preparasse molto bene per il ciclo di studi successivo (o per il mondo del lavoro), ed altri a cui bastava che i figli non venissero oberati di compiti a casa …

Ora, ditemi voi se queste non sono classifiche tra docenti e tra scuole!

Guardando cosa è accaduto negli anni scorsi, abbiamo visto un tentativo di orientarsi verso una meritocrazia (anche se in versione ‘lite’) con il premio per il merito dei docenti.

Purtroppo la cosa è andata indigesta a molti, che invece che ingegnarsi per migliorare la propria offerta, hanno preferito invidiare chi lo ha fatto, e spingere per una riconversione per un ‘premio’ a pioggia per tutti.

Tra l’altro, per come era stata pensata la valutazione del merito, rattrista vedere come venissero equiparate attività finalizzate agli studenti ed altre finalizzate alla pura apparenza del docente, ove la produzione di tanta carta veniva valutata alla stregua di un grande sforzo didattico.

Il perché sia importante promuovere ed incentivare la meritocrazia l’ho già illustrato prima: ogni studente che resta in Italia è un capitale che abbiamo investito per costruire un futuro migliore per il Paese, invece che impoverirci per arricchire gli altri.

Veniamo ora a come sarebbe possibile realizzare un sistema di valutazione e competitività per il nostro sistema scolastico (naturalmente quanto segue è soltanto uno spunto di riflessione, e non una verità che cerco di imporre al lettore.

Quali sono le persone coinvolte in una valutazione? Sono tante, e certamente vi sono allievi e genitori; tuttavia anche i docenti hanno voce in capitolo, nei confronti delle classi e dei dirigenti, ed i dirigenti stessi nei confronti dei docenti e del livello dell’utenza.

Come valutare i docenti durante il corso di studi? Questo è più difficile, perché in itinere una valutazione dello studente potrebbe risultare condizionata dalle valutazioni ricevute.

Potrebbe essere un indicatore interessante quanto gli allievi (ovviamente mediamente) si appassionino e ritengano interessante una materia: il mero nozionismo porta soltanto a considerare noiosa la materia e a non vederne il valore

Le prove INVALSI, se correttamente effettuate, sarebbero un ottimo parametro di confronto; tuttavia esistono zone d’Italia in cui i genitori si aspettano che siano i docenti a dover aiutare gli allievi ad effettuare la prova, commettendo il grave errore di pensare che la prova serva per valutare gli allievi, mentre in realtà è finalizzata a valutare la preparazione che i docenti e la scuola forniscono ai propri figli.

Una valutazione a posteriori delle scuole può essere fatta valutando quanti studenti proseguono gli studi invece che fermarsi, e quanti proseguono con indirizzi attinenti alla formazione ricevuta, senza contare la percentuale di promossi / laureati al ciclo di studi successivo.

Certamente si possono pensare anche indicatori a medio termine, come una valutazione fatta dagli studenti dei propri docenti del ciclo scolastico precedente: a posteriori infatti uno studente non valuterà positivamente un docente che elargiva ottime valutazioni senza fornire invece un’ottima preparazione, e viceversa, una buona preparazione ricevuta verrà valutata molto positivamente indipendentemente dalle valutazioni ricevute, se questa consente di affrontare il nuovo ciclo di studi con adeguate competenze.

E comunque, qualsiasi indicatore che coinvolga la scuola deve anche essere pesato in relazione a parametri di contesto sociale, come il livello medio dell’utenza, i fondi disponibili, la continuità didattica dei docenti, e così via.

In conclusione, ciò che deve cambiare in Italia è l’approccio alla meritocrazia, che non deve essere considerata come uno strumento per penalizzare, ma per incentivare al miglioramento.

L’appiattimento porta a smorzare qualsiasi tendenza al miglioramento, e valorizza l’inedia e disincentiva alla crescita professionale di docenti e dirigenti.

Pur dovendo garantire (giustamente) una dignitosa retribuzione a ciascuno, è doveroso riconoscere a chi fa più del dovuto gli sforzi sostenuti (nell’ottica del valore trasferito agli allievi, e non all’apparenza formale della quantità di carta prodotta).

 

 

 

… forse manca una strategia per la formazione a livello nazionale … domenica 2 febbraio 2014

Posted by andy in Information Security, Internet e società, Politica.
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È di pochi giorni fa la notizia che per il ministro dell’Istruzione, Maria Chiara Carrozza “A scuola non serve insegnare il digitale”.
In sostanza, la sua visione del futuro digitale dei giovani è che debbano imparare a muoversi con sicurezza in Rete perché a scuola utilizzeranno il computer per studiare sui nuovi libri digitali.

Il fatto che la sicurezza in Rete sia un problema di tutti i cittadini non risolve il problema di come si potrà educare un’intera popolazione, composta di generazioni con culture informatiche differenti (spesso inesistenti).

Il ministro non fa i conti con il fatto che tra una decina d’anni i ragazzi che oggi stanno finendo le medie già si occuperanno di politica, e che tra una dozzina d’anni saranno già responsabili della sicurezza delle informazioni che gestiranno nell’ambito della Pubblica Amministrazione e di aziende che, tramite l’innovazione, dovranno trainare l’economia del Paese.

Il problema non è tanto l’introruzione di ore specifiche di insegnamento, ma quello dei contenuti da insegnare: l’idea di insegnare l’Etica in Rete all’interno delle ore di Educazione Civica non è sbagliata, ma non può prescindere dalle tecnologie utilizzate (la crittografia, tanto per indicarne una), e non può prescindere dal fornire adeguate competenze ai docenti.

E l’altro aspetto che sembra sfuggire è che, mentre la stampa ha semplicemente accelerato e democratizzato l’accesso all’informazione per tutta la popolazione, oggi è la popolazione che crea e pubblica informazione: si è in sostanza reso bidirezionale (o meglio, multidirezionale) il flusso delle informazioni.

Politici ricattabili, e persone che si faranno ‘sfilare’ da sotto il naso informazioni aziendali riservate non contribuiranno certamente ad una crescita politica ed economica del Paese.