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Del nuovo Principato del MareBlu martedì 20 settembre 2022

Posted by andy in Libertà dell'informazione, Politica.
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Questa estate ho avuto nuovamente modo di dimorare per un po’ di tempo presso un ameno paesino della riviera ligure di ponente.

Pensavo che si trattasse di un normale comune della Liguria, ma ho dovuto ricredermi: si trattava del nascente principato del MareBlu!
Ovunque guardassi, ovunque mi voltassi, bandiere del MareBlu per ogni dove, esposte in cima ad ogni asta e pennone.
Essendo già stato ospite in passato di tale comune, avevo memoria di bandiere italiane esposte in tutti i luoghi più rilevanti del paese.

Quest’anno invece no: soltanto una bandiera di fronte al municipio (tra l’altro esposta in posizione subalterna a quella europea) e, per fortuna, quella ben issata nello stabilimento dei Bagni Italia.

A ben cercare, un altro paio di bandiere italiane le ho trovate, piccole, lacere e comunque sempre in posizione subalterna a quella del MareBlu.

La più grande bandiera che ho visto era una bandiera australiana, ben esposta in uno degli stabilimenti balneari.

La nostra bandiera non sventolava più neppure fuori dalle scuole, al comando della Polizia Locale ed alla stazione dei Carabinieri.

Persino la posizione d’onore tra le bandiere delle quattro repubbliche marinare era stata riservata alla bandiera del MareBlu.

Ho documentato fotograficamente il tutto ed ho chiesto spiegazioni al sindaco del paese, che mi ha risposto che il Comune è costretto ad esporre ed a far esporre le bandiere del MareBlu, pagandole anche di tasca propria ben 20€ cadauna.
Tuttavia non ha saputo spiegarmi come mai la nostra bandiera fuori dal Municipio fosse esposta in posizione sbagliata, e come mai fosse stata sostituita nella posizione d’onore tra le Repubbliche Marinare da una bandiera che rappresenta poco più che un test chimico.

Durante un colloquio telefonico da me richiesto, il sindaco si è impegnato a provvedere per l’anno prossimo.
A quanto pare, sino ad allora, il comune di Celle Ligure resterà evidentemente un comune de-italianizzato.

Ho provveduto anche a segnalare l’anomalia su un blog locale (I Mugugni di Celle) il cui moderatore ha provveduto a censurare  il mio post con la documentazione fotografica (approvando invece tutte le segnalazioni di smarrimento sul territorio comunale di gatti, cani, telefoni e chiavi).
Ad un mio secondo post in cui relazionavo quanto emerso con il sindaco, qualcuno ha anche risposto chiedendo a quale bandiera mi riferissi …

Mi è dispiaciuto dover essere io a spiegare al sindaco quanto la nostra bandiera rappresenti rispetto a quella del MareBlu.

La nostra Bandiera è il simbolo che rappresenta la nostra Costituzione e tutti i diritti che i nostri nonni e bisnonni hanno conquistato per noi, pagandoli anche con la propria vita.
Purtroppo in troppi se la ricordano soltanto quando vince la nazionale di calcio, e persino le autorità e le Forze dell’Ordine di una municipalità sono disposte a sostituirla con un’insegna blu, che nel mondo rappresenta non noi, bensì poco più che un banale test chimico sulla qualità dell’acqua.
D’ora in poi i turisti che verranno in Italia non cercheranno più il ‘Made in Italy’, bensì il ‘Made in MareBlu’.

NOTA: ovviamente la documentazione fotografica e le email inviate al sindaco di Celle Ligure sono disponibili per qualsiasi verifica.

Internet sempre più alla ricerca della propria libertà mercoledì 13 giugno 2012

Posted by andy in Futurologia, Internet e società, Libertà dell'informazione.
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Una cosa qua, una cosa là …
Sono in pochi a notarlo, ma Internet, di soppiatto, ha fatto un altro salto verso la propria libertà.
O forse due.
È da anni che ci si sta muovendo da IPv4 ad IPv6, un protocollo che semplificherà le comunicazioni, e che soprattutto consentirà a tutti, anzi a tutto, di essere direttamente connessi, di avere una propria identità ed una propria presenza in Rete.

Dal 6 Giugno 2012 molti dei principali operatori hanno attivato definitivamente il nuovo protocollo.

Ma questa ormai non è più una notizia: il primo IPv6 day è stato mercoledì 8 giugno 2011, in cui non è accaduto nulla (per i netizen): di fatto, non è accaduto nulla, e nessuno si è accorto di nulla.

La vecchia Internet ha continuato a funzionare, ma la nuova Internet stava dando il sup primo vagito.

L’altra notizia, forse molto più interessante anche se molto meno pubblicizzata, riguarda il fatto che Internet si sta muovendo verso l’autodeterminazione.

Fino ad oggi, i nomi dei domini in Internet (in qualche modo, l’anagrafe dei nomi delle famiglie presenti in Rete) sono stati direttamente o indirettamente decisi ed autorizzati da ICANN, un’organizzazione prima controllata dagli Stati Uniti, ed ora leggermente più ‘democratica’.

Insomma, fino ad oggi le famiglie ‘ammissibili’ in Rete le decideva soltanto ICANN (o meglio, formalmente è ancora così: ICANN crede che sia ancora così); un po’ come nell’antica Roma, ove le gentes riconosciute erano poche: gli Emilii, i Cornelii, i Fabii, etc.

L’evento importante è che recentemente è nata una nuova anagrafe alternativa, libera e non controllata da ICANN: il Pirate Party canadese ha avviato, attraverso OpenNIC, la registrazione di TLDs qualunque, senza la preventiva autorizzazione (o censura) di nessuno.

E qual’è l’innovazione, quella vera, in questa notizia?

L’innovazione non sta tanto nel poter disporre del dominio primario .MarioRossi, o .MiPiaccionoIPaniniAlSalame senza dover pagare il dazio al registrar di turno (i vari Register, Aruba, etc.), ma nel fatto che qualcuno ha deciso (e lo ha fatto!) di mettersi al di sopra della più alta organizzazione riconosciuta a livello mondiale per l’attribuzione dei nomi in Rete, offrendo (gratuitamente) la libertà all’autodeterminazione del proprio nome in Rete.

Una piccola precisazione: ho scritto tra parentesi la parola ‘gratuitamente’; per quanto possiamo esserci abituati all’idea che Internet e tutto ciò che si trova in questo grande mare sia ‘gratis’, ovviamente nulla lo è; la corrente elettrica, i server, il lavoro delle persone non sono mai gratis; se non paghiamo noi, ci sarà qualcun altro che lo fa per noi, donando il proprio tempo e danaro per il bene comune di tutti.

L’inizio della fine martedì 24 agosto 2010

Posted by andy in Etica, Internet e società, Libertà dell'informazione.
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Dopo il Giappone, anche la Cina manifesta i sintomi della incipiente globalizzazione.

Se per gli occidentali la globalizzazione ha significato poter produrre a condizioni sempre più vantaggiose trasferendo la produzione in paesi più poveri (India, Corea, e poi la Cina), essa invece significherà per questi paesi la necessità di adeguarsi agli standard occidentali.

Millenni di storia, ma soprattutto gli ultimi decenni, hanno dato un incredibile impulso alla definizione di regole, norme e standard finalizzati a garantire la qualità della vita e la salute dell’ambiente, come inevitabile conseguenza della ratificazione della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani.

Il moderno schiavismo non ha retto la viralità della crescente libertà di informazione, anche in un paese come la Cina, ove il recente caso Foxconn ha portato all’attenzione della pubblica opinione occidentale il fatto che l’Etica dietro cui commercialmente ci nascondiamo non ci può consentire di utilizzare due pesi e due misure, a seconda che il lavoratore sia entro o fuori dai confini nazionali.

Pur avendo cercato di evitare il problema fino all’ultimo, una volta messa di fronte all’evidenza dei fatti la Apple non ha potuto esimersi dal rinegoziare le condizioni per la produzione dei propri dispositivi ed i relativi costi.

La conseguenza immediata è un miglioramento, per quanto esiguo, delle condizioni di lavoro alla Foxconn, ma soprattutto la presa di coscienza dei lavoratori di avere dei diritti e di poterli far valere, nonostante un sindacato di stato in evidente conflitto di interesse tra le parti.

Ci vorranno decenni, ma accadrà in Cina e negli altri paesi asiatici  ciò che è accaduto in Giappone.

Tuttavia l’immensa popolazione di quei paesi creerà condizioni estremamente critiche sia a livello economico che politico, quando lo stato si troverà a dover garantire a miliardi di persone le condizioni minime acquisite da pochi milioni di lavoratori.

FBI, spyware nel nome della sicurezza mercoledì 22 aprile 2009

Posted by andy in Internet e società, Libertà dell'informazione, tecnologia.
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150 pagine di documenti in precedenza classificati e forniti a Wired a seguito di una richiesta basata sul Freedom Of Information Act (FOIA) statunitense, hanno reso pubblico il fatto che l’FBI si sia attrezzata per inoculare dello spyware nella macchina del cittadino della rete, per tracciare i suoi comportamenti ed a raccogliere prove.

La prima immagine che viene alla mente è quella di un team di super-esperti di sicurezza informatica in grado di inventare software talmente sofisticato da superare qualsiasi antivirus e da non essere identificato in alcun modo …

Ma da bravo avvocato del diavolo, mi piace sempre vedere le cose da da un punto di vista diverso …

Perché diventare matti a scrivere un software (trojan?) che deve riuscire ad eludere tutti gli antivirus e chissà quanti altri controlli, sostenendo costi assurdi?

Supponiamo che io sia il signor FBI, e che faccia una telefonata alla signora Microsoft, e le chieda di far avere la patch di sicurezza MS99-0123456 al PC con indirizzo MAC xx:xx:xx:xx:xx:xx …

Il proprietario si troverà negli aggiornamenti automatici anche un bel pezzettino di codice fatto su misura.

E questo pezzettino di codice non arriverà mai in mano a qualche curioso che abbia voglia di spacchettarlo per vedere cosa fa e a cosa serva: è destinato proprio a te, non a tutti …

E già che ci sono, quando il trojan non serve più, faccio un’altra telefonata alla signora Microsoft, e le chiedo di rilasciare una nuova patch per quell’indirizzo, patch che ha il solo scopo di disinstallare la precedente e farne sparire tutte le tracce …

Si torna insomma indietro, ai tempi di Carnivore, di quando fu dichiarato illegale in quanto contrario ai diritti incostituzionali, e di quando, per pura combinazione, nel 2001 la sentenza di smembramento della Microsoft a causa delle sue politiche anticoncorrenziali venne ribaltata in appello.

È vero che la matematica può essere un’opinione diversa dalla mia, e che non sempre 2+2 fa 4, ma qualche legittimo sospetto può venire …

Conseguenze della dottrina Sarkozy … mercoledì 25 febbraio 2009

Posted by andy in Futurologia, Internet e società, Libertà dell'informazione, privacy, tecnologia.
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Oltre alla Francia, anche altri paesi stanno prendendo seriamente in considerazione la disconnessione da Internet degli utenti che si macchiassero del gravissimo reato di mettersi contro le major dell’audio e del video.

Non intendo in questa sede fare considerazioni sul merito di come sia attualmente gestito il copyright, dell’incostituzionalità di consentire agli ISP di arrogarsi il diritto di analizzare le comunicazioni degli utenti, e dell’incostituzionalità di consentire agli ISP di privare i cittandini del diritto all’informazione ed alla corrispondenza.

Mi interessa invece esaminare come una tale scelta possa rivelarsi per gli stati un’arma a doppio taglio.

Dato il fatto che tutto lo scambio delle comunicazioni si sta convertendo sempre più, ed in modo irreversibile, dal cartaceo / televisivo all’elettronico / digitale, se lo stato consente la disconnessione da Internet di un utente, deve anche strutturarsi per fargli pervenire in ogni caso quanto gli è dovuto: informazione, corrispondenza e comunicazioni.

Ciò significa mantenere in piedi servizi di corrispondenza cartacea, raccomandate, stampa e televisione di tipo ‘tradizionale’ (non veicolata attraverso Internet), sportelli tradizionali per presentare pratiche e ritirare certificati, ed accettarne i costi e le implicazioni.

Di fatto, per quei paesi sì incoscienti da fare una scelta tanto azzardata, le controindicazioni che ne deriverebbero potrebbero portarle presto a tornare sui propri passi.

Diritto allo studio lunedì 7 aprile 2008

Posted by andy in Libertà dell'informazione.
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Con riferimento ad una notizia comparsa su Punto Informatico, riprendo un mio post per fare qualche considerazione.
La notizia riguarda l’iniziativa di Libreremo.org, un’organizzazione che si propone l’interessante obiettivo di rendere accessibili tutti i testi scolastici che per motivi commerciali od economici non risultano disponibili o reperibili.
L’ operazione avviene semplicemente attraverso scansione e pubblicazione (suppongo attraverso P2P) dei testi non disponibili, o troppo cari.
Ora, posso capire che da una parte chi possiede i diritti economici sui testi possa risentirsi della cosa, ma d’ altra parte è sancito dalla costituzione il diritto allo studio, che non può essere negato per meri interessi commerciali.
È altresì vero che non si può obbligare per legge un’azienda privata a lavorare in perdita.
Ecco quindi la mia proposta, che dovrebbe mediare tra tutti gli interessi:
gli editori potrebbero essere tenuti per legge a depositare una copia elettronica presso una biblioteca di stato (possibilmente la copia master, e non una versione di qualità degradata), e nel caso non sia possibile per il cliente ottenere dall’editore una copia entro un tempo (ed anche un prezzo) limite stabilito per legge, il cliente potrebbe avere diritto di scaricare la copia digitale del testo dalla biblioteca.
…. Scaricare si, ma gratuitamente? Mah, probabilmente si potrebbe mediare anche qui: si potrebbe far corrispondere comunque un contributo alla biblioteca, sia a titolo di sostenimento dei costi del servizio, sia a copertura dei diritti d’autore degli autori, ed anche, in parte, degli editori, che comunque hanno investito e sostenuto i costi iniziali di edizione e pubblicazione dell’opera.
Per garantire l’accesso ai testi ed alla cultura, la biblioteca potrebbe anche praticare agevolazioni ai percettori dei redditi più bassi.
Esula da questo discorso (almeno parzialmente) lo sfruttamento economico delle opere; d’ altra parte se qualcuno rilevasse l’esigenza commerciale di una riedizione cartacea di un’opera, magari in tiratura limitata e di elevata qualità, potrebbe utilizzare la copia depositata in biblioteca per procedere alla ristampa, naturalmente previa autorizzazione dell’editore e a fronte del riconoscimento di una parte degli introiti.
Ulteriore considerazione da farsi è che dovrebbe essere drasticamente abbassato il numero di anni di usufrutto dei diritti d’autore, e proroghe a tali termini dovrebbero essere concesse soltanto a fronte della corresponsione di sostanziosi contributi tali da motivare l’editore alla ristampa o alla rinuncia dei diritti.

… è solo un’idea, naturalmente, ma consentirebbe di rispettare sia gli interessi degli editori che dei lettori.

Libertà dell’Informazione lunedì 7 aprile 2008

Posted by andy in Libertà dell'informazione.
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Libertà dell’Informazione, e non libertà d’informazione.

Sono due concetti molto differenti.

Il secondo intende affermare che ciascun individuo ha diritto d’accesso alla Verità, e che la Verità non può e non deve essere nascosta o distorta per alcun motivo.

La libertà dell’informazione è invece un concetto che si fonda sulla considerazione che l’informazione, se nascosta, non è di per sé informazione; in caso contrario, una volta comunicata, non può più essere celata in alcun modo, e tenderà sempre più a diffondersi.