il software e garanzie mercoledì 13 Maggio 2009
Posted by andy in Internet e società, tecnologia.Tags: diritti del consumatore, garanzia, software
add a comment
Un problema ormai datato, quello delle garanzie offerte per il software. Mentre ai consumatori sono riconosciuti dei diritti sanciti dalla legge per i beni materiali, per quelli immateriali (il software, giustappunto) questi diritti non sono riconosciuti.
Ma esistono realmente delle differenze?
A parte il software di tipo militare, o comunque quello che viene sviluppato su commessa, garanzie sul software di fatto non ne esistono.
Con ‘garanzie’ intendiamo quegli aspetti che responsabilizzano il produttore nei confronti del cliente a fronte di danni sofferti da questi a causa del proprio prodotto.
Qualunque prodotto materiale, dal tostapane alla macchina fotografica, è soggetto ad un periodo minimo di garanzia imposto per legge, entro il quale il prodotto non conforme alle specifiche deve essere sostituito a costo zero per il cliente, e addirittura se questi viene a soffrirne danni, può rivalersi sul produttore.
Andando a leggere i diritti concessi all’utente nei contratti di licenza (EULA) dei produttori software più importanti, si scopre che in caso di non corrispondenza alle specifiche del prodotto, il produttore in generale si riserva il diritto di valutare se gli convenga sviluppare e fornire un aggiornamento al software, o rimborsare il prezzo del prodotto.
In nessun modo vengono contemplati, ad esempio, danni derivanti da un antivirus che non funziona, o da un software di compressione o di backup che perda i dati.
Il reale danno per l’utente non è il costo del software, ma il danno al proprio business, e in nessun modo il rimborso del costo della licenza può essere in grado di risarcire il danno subito, senza contare che toglie all’utente il diritto di utilizzare il software.
Gli utenti spingono per equiparare i prodotti immateriali (il software) a quelli materiali, in modo da godere dei medesimi diritti garantiti dalla legge.
Dall’altra parte i produttori insistono nel ribadire la sostanziale differenza tra i due tipi di beni.
Persino la Commissione Europea ha iniziato a valutare con attenzione come le società produttrici di software dovrebbero essere ritenute responsabili per la sicurezza e l’efficacia del loro codice. La Commissione sembra quindi intenzionata ad estendere anche ai software le leggi di protezione dei consumatori in vigore per i manufatti fisici.
Si cerca quindi di responsabilizzare i produttori di software.
Ma in pratica, cosa sta accadendo? Il mercato sta affrontando una transizione di fase: si passa dal tempo in cui il software era realizzato da un’elite, e quindi chiuso (closed source) ad un’era in cui l’utente si sta rendendo conto che il software è conoscenza, ed in questo senso deve essere di tutti (open source).
La competizione che si è scatenata contrappone quindi prodotti sviluppati cooperativamente a quelli sviluppati in un’ottica di business tradizionale.
Un aspetto interessante della questione riguarda i brevetti sul software: i brevetti sono stati pensati per proteggere gli investimenti, e questo sicuramente vale per i beni materiali; ma se il software, in quanto bene immateriale, può essere trattato alla stessa stregua? Possiamo utilizzare due pesi e due misure?
Forse esiste un modo per interpretare la situazione e trovare una mediazione che incontri sia le esigenze degli utenti che gli interessi dei produttori: l’idea è quella di far pagare la Qualità.
Dal momento che esistono delle metodologie per verificare la qualità, la robustezza e la sicurezza del software, si potrebbe pensare che si potrebbe consentire la richiesta di un fee di licenza soltanto per il software che abbia superato una certificazione di parte terza rispetto alle metodologie stabilite come riferimento.
L’approccio è un po’ quello della ISO9001 (o anche altre norme, ma credo che questa sia la più nota): non è obbligatoria, ma se si vuole partecipare a certe gare, occorre aver preventivamente investito in una certificazione esterna della metodologia utilizzata.
Vuoi risparmiare sul costo di produzione del software? OK, ma se non non fornisci garanzie, non chiedere più di tanto (che so, per Windows, 10 Euro possono andare bene?)
Se invece certifichi il tuo prodotto (pensiamo a Windows server), a questo punto si possono anche chiedere migliaia di Euro di licenza.
Un approccio simile è quello di RedHat, MySQL, etc. che rendono disponibile gratuitamente il proprio prodotto, ma si fanno pagare un fee per la versione Enterprise, sulla quale forniscono garanzie, liste di certificazione, ed un servizio di risoluzione dei problemi.
In sostanza, la Qualità si paga.
Prese di corrente, alimentatori e sprechi mercoledì 9 luglio 2008
Posted by andy in Miglioramento.Tags: alimentazione, garanzia, ISO140001, power supply, presa di corrente, presa elettrica, rischi, socket, sprechi, standard
1 comment so far
Per lavoro ho girato mezzo mondo, e … paese che vai, prese che trovi!
Ebbene si, non vi sono (quasi) due paesi che utilizzino lo stesso tipo di presa elettrica.
Il motivo penso che sia più che altro protezionistico del mercato interno, ma ormai la globalizzazione fa vendere ovunque merce prodotta in altri paesi, a condizioni più vantaggiose per il cliente, così e resta a lui il problema della presa.
Se taglio il filo e cambio la presa, perdo la garanzia sul prodotto; mi restano due alternative: buttare il cavo e comperarne uno adatto, oppure un adattatore per la presa.
In ogni caso si tratta di comperare qualcosa di tecnicamente inutile, e quindi sprecare soldi e materiali.
Altrettanto vale per gli alimentatori, per le macchine fotografiche, per i computer portatili, per i telefoni, ed ogni sorta di apparecchietto elettronico.
Non vi sono due che produttori che utilizzino il medesimo connettore.
Eppure le tensioni sono sempre quelle.