Ad Internet noi interessiamo? mercoledì 13 giugno 2012
Posted by andy in Futurologia, Internet e società.Tags: autocoscienza di Internet, diritto all'oblio, diritto alla conservazione, memoria
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Internet oggi è per noi uno strumento al nostro servizio; sostanzialmente, ci consente di comunicare in modo pervasivo.
Ma Internet fa anche un’altra cosa, forse meno evidente, ma incredibilmente importante: ricorda.
Internet ricorda per noi, e non solo per noi; Internet ricorda tutto.
E questi due aspetti della Rete stanno divenendo così importanti che nascono e si sviluppano continuamente comitati, organizzazioni ed istituzioni preposte al suo studio ed alla sua regolamentazione, per stabilire cosa può circolare e cosa no, cosa può essere ricordato, e per quanto.
La memoria di Internet ha portato a questioni come quella del diritto all’oblio.
Ci si iniziano a porre questioni etiche come quella relativa all’ereditabilità delle informazioni pubblicate in Rete: ciò che scrivo e lascio in Rete (e soprattutto ciò che scrivo ma mantengo riservato) può essere ereditato dai miei figli?
Da una parte, appare naturale che ciò che è mio privato debba appartenere e rimanere soltanto nella mia sfera personale e privata.
D’altra parte, anche in un passato recente, quante volte opere inedite sono state date alle stampe postume, contro la volontà dell’autore?
Ma la questione che voglio porre in questo post è un’altra: ad Internet tutta questa informazione interessa? Le può in qualche modo servire?
Ad Internet può interessare ricordarsi la storia del mondo, del fatto che sono esistiti e si sono estinti i dinosauri, e che persone più o meno grandi hanno detto e pensato determinate cose?
A noi la storia occorre per comprendere il passato e per poter progettare un futuro migliore (o almeno così dovrebbe essere), ma alla Rete?
Quando la Rete sarà autonoma ed autocosciente, cosa se ne farà della nostra storia?
La nostra memoria costa risorse, spazio ed energia: avrà ancora senso conservarla in un prossimo futuro?
Agli iPosteri l’ardua sentenza …
Internet sempre più alla ricerca della propria libertà mercoledì 13 giugno 2012
Posted by andy in Futurologia, Internet e società, Libertà dell'informazione.Tags: autocoscienza, DNS, ICANN, Internet, IPv4, IPv6, libertà
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Una cosa qua, una cosa là …
Sono in pochi a notarlo, ma Internet, di soppiatto, ha fatto un altro salto verso la propria libertà.
O forse due.
È da anni che ci si sta muovendo da IPv4 ad IPv6, un protocollo che semplificherà le comunicazioni, e che soprattutto consentirà a tutti, anzi a tutto, di essere direttamente connessi, di avere una propria identità ed una propria presenza in Rete.
Dal 6 Giugno 2012 molti dei principali operatori hanno attivato definitivamente il nuovo protocollo.
Ma questa ormai non è più una notizia: il primo IPv6 day è stato mercoledì 8 giugno 2011, in cui non è accaduto nulla (per i netizen): di fatto, non è accaduto nulla, e nessuno si è accorto di nulla.
La vecchia Internet ha continuato a funzionare, ma la nuova Internet stava dando il sup primo vagito.
L’altra notizia, forse molto più interessante anche se molto meno pubblicizzata, riguarda il fatto che Internet si sta muovendo verso l’autodeterminazione.
Fino ad oggi, i nomi dei domini in Internet (in qualche modo, l’anagrafe dei nomi delle famiglie presenti in Rete) sono stati direttamente o indirettamente decisi ed autorizzati da ICANN, un’organizzazione prima controllata dagli Stati Uniti, ed ora leggermente più ‘democratica’.
Insomma, fino ad oggi le famiglie ‘ammissibili’ in Rete le decideva soltanto ICANN (o meglio, formalmente è ancora così: ICANN crede che sia ancora così); un po’ come nell’antica Roma, ove le gentes riconosciute erano poche: gli Emilii, i Cornelii, i Fabii, etc.
L’evento importante è che recentemente è nata una nuova anagrafe alternativa, libera e non controllata da ICANN: il Pirate Party canadese ha avviato, attraverso OpenNIC, la registrazione di TLDs qualunque, senza la preventiva autorizzazione (o censura) di nessuno.
E qual’è l’innovazione, quella vera, in questa notizia?
L’innovazione non sta tanto nel poter disporre del dominio primario .MarioRossi, o .MiPiaccionoIPaniniAlSalame senza dover pagare il dazio al registrar di turno (i vari Register, Aruba, etc.), ma nel fatto che qualcuno ha deciso (e lo ha fatto!) di mettersi al di sopra della più alta organizzazione riconosciuta a livello mondiale per l’attribuzione dei nomi in Rete, offrendo (gratuitamente) la libertà all’autodeterminazione del proprio nome in Rete.
Una piccola precisazione: ho scritto tra parentesi la parola ‘gratuitamente’; per quanto possiamo esserci abituati all’idea che Internet e tutto ciò che si trova in questo grande mare sia ‘gratis’, ovviamente nulla lo è; la corrente elettrica, i server, il lavoro delle persone non sono mai gratis; se non paghiamo noi, ci sarà qualcun altro che lo fa per noi, donando il proprio tempo e danaro per il bene comune di tutti.
Diritto all’oblio – prima e, soprattutto, dopo martedì 5 giugno 2012
Posted by andy in Etica, Internet e società.Tags: diritto all'oblio, eredità dei dati del defunto, privacy dopo la morte
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Sul diritto all’oblio si è detto molto, e la questione è ancora aperta.
Volendo riassumere in poche parole, si disquisisce sul fatto che sia corretto o meno, e se sia un diritto o meno, il consentire di rimuovere da Internet, in modo irreversibile, informazioni sulle persone che i proprietari ritengono lesive della propria immagine, dopo un ragionevole periodo di tempo.
In effetti, Internet può trasformarsi in una ‘fedina penale’ che non può, ad oggi, essere ripulita nonostante si sia scontata qualsiasi pena.
Ma questo vale per i vivi e per la loro reputazione digitale.
Ma dopo la morte? Il diritto all’oblio resta un diritto del defunto?
Pongo quindi la seguente questione: le informazioni pubblicate da una persona possono essere ereditate al momento della sua morte?
Se nelle mie ultime volontà disponessi la rimozione di tutti i contenuti che mi riguardano, questso diritto dovrebbe essere applicato anche dai miei posteri, anche contro la loro volontà, contro il diritto di cronaca, contro il diritto alla memoria degli altri?
In sostanza, il mio io digitale deve morire con me, o può essere reclamato (ed anche posseduto) dai miei eredi?
Ed in questo caso, i miei eredi possono reclamare le mie password per accedere ai miei contenuti ancora non divulgati (OK, questa è un’altra questione: si tratta di decidere se considerare o meno i miei contenuti in rete, anche se protetti, come un valore ereditabile, alla stregua di un manoscritto inedito).
Richiedere (o forzare) le mie password dopo la mia morte dovrebbe essere considerato come una violazione della mia privacy? E di conseguenza, viene da chiedersi: un morto ha diritto alla privacy tanto e quanto i vivi?
Perché è meglio non dotarsi di PEC venerdì 1 giugno 2012
Posted by andy in Uncategorized.Tags: non compliance, PEC, raccomandata, ricevuta di ritorno
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Personalmente sconsiglio le PEC individuali.
Alcune considerazioni sono le seguenti (ma non esaurisco qui l’argomento):
- la PEC garantisce la conservazione dei documenti elettronici per 3 anni.
Dato che la legge prevede che i documenti vengano conservati per un minimo di 5 anni (che poi diventano 6), o addirittura per 10 anni, tocca comunque stamparli e conservarli da qualche parte; - a corredo di quanto sopra, semmai doveste far valere in giudizio un documento inviato via PEC, ricordatevi che i tempi medi della giustizia sono ben superiori ai 3 anni, di conseguenza, si ricade nel caso precedente: stampare e conservare;
- di fatto, con la PEC si elige un domicilio digitale, che può essere liberamente utilizzato al posto delle raccomandate A/R dall’Amministrazione, ma (e questa è la cosa importante) la PEC NON È EQUIVALENTE AD UNA RACCOMANDATA A/R! Mentre per la seconda è prevista la prova della consegna nelle vostre mani, per la prima viene accettata come equivalente la data/ora di deposito nella vostra casella delle lettere (elettronica, natutalmente).
- la PEC non ha alcuna validità internazionale, non è riconosciuta da nessun altro stato altri che l’Italia, e non si basa su tecnologie standard.
- la PEC non è illimitata: viene garantito uno spazio massimo piuttosto limitato, per cui, oltre un certo numero di allegati, magari un po’ ‘ciccioni’, vi troverete costretti a pagare per spazio aggiuntivo, e questo credo che avvenga anche per la casella in ricezione: in sostanza, se qualcuno vi invia delle mail di PEC con allegati troppo grandi, può limitare di fatto la vostra possibilità di inviare e ricevere messaggi di PEC, costringendovi a pagare l’upgrade dello spazio.