Termini al femminile, quote rosa, etc. venerdì 30 settembre 2022
Posted by andy in Uncategorized.add a comment
Per non perdere l’abitudine, mi trovo ancora una volta a fare l’avvocato del diavolo.
Questa volta dedico qualche considerazione ai due temi della discriminazione femminile, con particolare attenzione alle ‘quote rosa’, ed alla tendenza a voler utilizzare forzatamente alcuni termini al femminile.
Sulle quote rosa non c’è molto da dire: sono semplicemente incostituzionali: come previsto dall’articolo 3 della nostra Costituzione, ‘Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, ...’.
Le quote rosa possono essere discriminatorie nei confronti degli uomini se, ad esempio in un concorso o per un’assunzione, venga scelta una donna con meno titoli.
Tuttavia possono essere discriminatorie per le donne, quando si verifichi la situazione opposta, e cioè nel caso in cui venga forzatamente selezionato un uomo, nonostante vi siano donne con titoli migliori. .
Casi e contestazioni del genere si sono già verificate, per esempio in Svezia.
E forzature a parte, esistono contesti un tempo monopòli maschili che sono ormai a principale rappresentanza femminile, senza alcun intervento di regolamentazione.
Veniamo ora alla diatriba sull’utilizzo si termini professionali soltanto al maschile o all’adozione dei neologismi al femminile.
Aldilà dell’utilizzo di neologismi spinti da movimenti femministi piuttosto estremisti, vale la pena di approfondire quanto un termine identifichi una professione piuttosto che una persona.
Prendiamo ad esempio il termine ‘avvocato’, e siamo un’occhiata alla sua etimologia: deriva dal termine latino advocatus, participio passato del verbo advocare, che significa ‘chiamare a sé, chiamare in aiuto’.
Ci riferiamo quindi non ad una persona, ma ad un’azione: quando chiediamo aiuto, quanto è importante se chi chi aiuta sia di sesso maschile o femminile?
Naturalmente altri termini derivano da sostantivi o aggettivi dotati di genere, come minister, (servitore), da cui derivano i termini ministro e ministra.
Insomma, varrebbe la pena di concentrarsi sui significati, senza pretendere ciecamente di trovare un genere in termini che non lo hanno, e d’altra parte non negare la dignità di genere a termini che rappresentano ruoli e professioni che vengono svolte con parti dignità da persone di entrambi i sessi.
In conclusione, personalmente non amo il concentrarsi più sulla forma che sulla sostanza: un bel giorno qualcuno potrebbe anche pretendere l’accettazione di termini come ‘navo’ al posto di’nave’, ‘àncoro’ al posto di ‘àncora’, ‘poleno’ al posto di ‘polena’, e così via …
Un buon esempio su come buttare i soldi dei contribuenti … mercoledì 28 settembre 2022
Posted by andy in Uncategorized.add a comment
Pochissimi anni fa è stata rifatta integralmente la segnaletica interna al Palazzo di Giustizia di Milano – https://it.m.wikipedia.org/wiki/Palazzo_di_Giustizia_(Milano) (sapete, tutti quei cartelli che indicano ascensori, bagni, uscite di emergenza, numeri di stanza, corridoi, e così via …).

https://it.m.wikipedia.org/wiki/Palazzo_di_Giustizia_(Milano)
Al di la dell’idea, secondo me deprecabile, di spersonalizzare i nomi dei corridoi, originariamente intitolati ai nomi dei grandi della Giustizia ed ora sostituiti con degli anonimi numerali, vale la pena concentrarsi sulla qualità del lavoro fatto.
È soggettivo apprezzare o meno il gusto di chi li ha pensati e di chi ne ha approvato il progetto (secondo me i cartelli sono invisibili ed illeggibili – provate a cercare un bagno), ma questa è un’altra storia.
Vorrei invece concentrarmi su un altro aspetto: quello della qualità del progetto e si come sono stati spesi i soldi dei contribuenti.
Il Palazzo è stato costruito tra il 1932 ed il 1940, e questo fatto potrebbe far dire ad alcuni nostalgici che ‘a quei tempi i treni arrivavano in orario‘; tuttavia l’aspetto che più mi interessa in questo momento è lo spirito con cui si affrontavano progetti e lavori a quei tempi.
Un Tribunale è un’opera che è destinata a durare nel tempo (non è un tensione da circo che si monta e si smonta dopo qualche giorno di spettacoli), ed è addirittura destinata a sopravvivere a chi l’ha voluto e a chi l’ha progettato.
A parte l’ambizione e la volontà di voler lasciare un buon ricordo del proprio passaggio su questa Terra, oggettivamente si tratta di lavori la cui fattura deve essere adeguata agli obiettivi di durata (possibilmente non come il Ponte Morandi di Genova).
In quest’ottica, nei suoi circa 90 di onorato servizio questo edificio è costato veramente poco ai cittadini: essendo costruito con materiali durevoli (marmo, granito, cemento, …), non ha praticamente mai richiesto importante manutenenzione.
Tolta la necessità dopo un’ottantina d’anni di fissare meglio i marmi della facciata, tutto sommato questi ecumenico se l’è cavata con qualche lucidata di pavimenti di tanti in tanto, e poco altro.
E veniamo ora al fatto degno di nota: pochi anni or sono (ma veramente pochi!) qualcuno ha ritenuto necessario aggiornare la segnaletica interna al Palazzo (OK, c’è n’era bisogno: se in origine il Palazzo era pieno di bidelli ed uscieri che davano informazioni al pubblico, oggi che non ci sono più le persone hanno realmente difficoltà ad orientarsi.
Ecco allora entrare in gioco la sprovvedutezza di chi ha fatto il capitolato, di chi ha fatto il progetto, di chi lo ha approvato, ed anche di chi ha fatto leggi contro l’interesse dello Stato(*).
Lascerò tuttavia al lettore di trarre le conclusioni che riterrà più opportune mostrando prima quale sia l’ingegnosità moderna del risparmio selvaggio, e quindi l’approccio di chi il Palazzo lo ha immaginato e poi realizzato.



Insegna originale, in cemento
Il risparmio selvaggio ha portato ad incollare le nuove insegne sulla vernice e sull’intonaco, e con il tempo (molto poco, in verità, sono cadute portandosi dietro l’imbiancatura fatta pochissimi anni prima.
Le insegne originali, vecchie di almeno ottant’anni, sono ancora li, perfette; al limite, se il tempo le sbiadisce, basta passare con un ruolo ed un po’ di vernice rossa, con un costo di pochi minuti e pochi Euro.
Quanto costerà invece rifare tutta la (nuovissima) segnaletica del Palazzo?
… ai contribuenti l’ardua sentenza (perché alla fine si scoprirà che ogni garanzia sul lavoro sarà scaduta, o forse non sarà neppure stata prevista nel contratto, per spendere meno).
(*) Nota: ho lasciato in sospeso una questione, quella della sprovvedutezza(?) dei politici che abbiamo eletto (o troppo spesso non eletto).
Com’era quel vecchio adagio popolare …? Chi più spende, meno spende…?
L’Italia: uno Stato di Apparenza … venerdì 4 giugno 2021
Posted by andy in Uncategorized.Tags: apparenza, italianità, sostanza, spreco
add a comment
Qualche giorno fa stavo parlando con degli amici che erano appena stati a teatro, dopo la chiusura per CoViD, e mi hanno raccontato che hanno dovuto compilare un modulo in cui hanno dovuto registrare le proprie generalità è il proprio numero di telefono.
Altrettanto è stato fatto in passato per accedere ai ristoranti e ad altri luoghi in cui erano prevedibili molti contatti e possibili contagi.
Alché ho posto un’innocentissima domanda: chi ha raccolto i moduli come faceva a sapere che il numero di telefono registrato (così come il numero del documento di identità) fossero validi?
Ovviamente non c’era modo di saperlo, perché non venivano controllati i documenti di identità e non veniva tentata una chiamata al cellulare indicato.
E questo a cosa ci porta? Al solito problema: gli italiani sono così stupidi da accettare di buttare un mare di tempo, denaro e risorse nella forma, invece che nella sostanza.
Qualche aquila ha previsto la norma per cui bisogna registrare i riferimenti dei visitatori, ma non l’obbligo di verificare che i dati siano attendibili.
Sarebbe bastato dal botteghino fare una chiamata al numero riportato sul modulo, per verificare se il cellulare indicato avesse squillato, ed analogamente, controllare il documento di identità per verificare che corrispondesse a quello riportato sul modulo.
Forse avrebbe richiesto un pochino più di tempo, ma in caso di contagio, sarebbe stato possibile risalire a tutti gli spettatori.
In questo modo invece si è sprecata carta e tempo per nulla, perché (come ho sentito più volte dire da molti) i dati riportati sui moduli non sono reali.
L’App di Google ed Apple per il Contact Tracing Covid-19 venerdì 8 Maggio 2020
Posted by andy in Information Security, Internet e società, privacy, tecnologia, Uncategorized.Tags: app, Apple, concact tracing, Coronavirus, COVID-19, geolocalizzazione, Google, monopolio, privacy, privatizzazione dei dati sanitari
add a comment
Google ed Apple sono sempre in prima linea per aiutare gli utenti, rigorosamente gratis perché, come è noto, sono sono organizzazioni no-profit di beneficenza.
Ed anche con l’emergenza CoronaVirus non hanno perso tempo, e (pur essendo concorrenti) sono riuscite a mettersi d’accordo in un instante su uno standard di interoperabilità per realizzare un’app di contact tracing per tracciare i contatti da CoronaVirus.
Occorre intanto fare una precisazione: Android (Google) ed iOS (Apple) si spartiscono praticamente la totalità del mercato mondiale dei dispositivi mobili (circa i tre quarti del mercato per Android, un quarto per iOS, ed un misero 1% ad altri sistemi operativi).
E veniamo agli aspetti inerenti la privacy, tanto cari alle persone (che su FaceBook, WhatsApp, Instagram, etc. raccontano ogni istante della propria vita, cosa fanno, dove sono, i propri pensieri ed i propri gusti e le proprie preferenze).
In nessun caso le app prescelte potranno raccogliere informazioni sulla geolocalizzazione dei soggetti: ciò significa che chi gestirà i sistemi di raccolta e correlazione delle informazioni non avrà accesso a tale informazione.
È invece vero che Google ed Apple conosceranno tutti gli utenti che hanno installato l’app (per poterla installare occorre un account Google / Apple), e la loro posizione (come pensate che queste aziende possano conoscere in ogni istante lo stato del traffico di ogni strada del pianeta ed offrirvi informazioni pertinenti alla vostra posizione?).
Devo deludere coloro che pensano che la geolocalizzazione di un dispositivo si possa fare soltanto mediante il GPS: può essere fatta in vari altri modi che, se usati in combinazione, possono aumentare la precisione ottenuta con un singolo approccio; è possibile geolocalizzare un dispositivo mediante la celle telefoniche a cui si aggancia, le reti Wi-Fi a cui si connette, il suo indirizzo IP, nonché eventuali connessioni Bluetooth.
Esistono poi altri attori ‘trasversali’, che si possono inserire nel mezzo, tra l’app e Google/Apple: tanto per non fare nomi, scegliamo un produttore a caso: Xiaomi (altrettanto vale per altri produttori, in relazione alla loro aggressività commerciale).
Chi ha acquistato uno smartphone Xiaomi avrà certamente notato che ogni app preinstallata sul dispositivo chiede l’accettazione della politica per la privacy di Xiaomi (che naturalmente l’utente legge per filo e per segno fino all’ultima riga!) e di concedere a tali app un mare di autorizzazioni.
Grazie a tali autorizzazioni il vostro smartphone invierà al produttore un mare di informazioni, ed anche se qualche informazione non viene inviata oggi, potrà essere inviata dopo il prossimo aggiornamento delle app (ad esempio, quali app sono installate, quali dispositivi Bluetooth vengono incrociati, la vostra posizione, etc.).
Passiamo ad un’altra considerazione: Google ed Apple si sono affrettate provveduto a sviluppare e rendere disponibili le librerie software che servono per sviluppare le applicazioni, fornendo anche esempi di codice, per facilitare il lavoro degli sviluppatori.
La disponibilità di queste librerie implica che le applicazioni di tracciamento utilizzeranno software e servizi sviluppati da altri, su cui non vi è controllo, e addirittura, per la legge sulla protezione della proprietà di ingegno, è vietato ed è un reato effettuare il reverse engineering del codice per capire cosa effettivamente faccia …
Quindi, anche se chi sviluppa l’applicazione ed il servizio che riceverà i dati non potranno raccogliere informazioni sull’identità e sulla geolocalizzazione dell’app e dell’utente, questo non è necessariamente vero per Google ed Apple, che in ogni istante dispongono dell’identità del dispositivo e dell’utente che lo utilizza (oltre ad un mare di altre informazioni – si veda sopra).
L’idea poi che il memorizzare le informazioni soltanto localmente sul dispositivo dell’utente serva a garantire la privacy, in realtà serve soltanto a non rendere disponibile centralmente ai governi l’informazione, mentre Google ed Apple (almeno per i propri ecosistemi) già la possiedono, grazie al fatto che grazie alla geolocalizzazione ed alle reti di contatti già possedute possono sapere chi è stato vicino a chi (non stupitevi: già anni fa FaceBook inferiva conoscenze tra persone grazie al ripetersi di situazioni in cui due o più persone con account FB si trovassero nel medesimo luogo nello stesso momento …).
Se poi il sistema centrale che raccoglie le informazioni delle app è il loro, e non uno predisposto ad hoc da ogni governo, ci si rende conto che Google ed Apple disporranno (come società private) di una mappa mondiale dei possibili contagi mentre i singoli governi potranno accedere probabilmente soltanto ad un sottoinsieme di tali informazioni.
E questo potrebbe spiegare la fretta con cui questi due colossi, pur essendo concorrenti, si sono messi d’accordo: sapere chi è potenzialmente infetto (o lo è stato) e chi è potenzialmente interessato a vaccini e farmaci per la cura dell’infezione rappresenta un mercato praticamente infinito per le case farmaceutiche.
Utilizzi ancora peggiori di queste informazioni possono includere l’ostracizzazione di persone risultate positive, la discriminazione nell’accesso ad aziende o territori, o anche nella selezione del personale da parte delle aziende.
Inoltre, mentre gli Stati si impongono dei termini per la conservazione di queste informazioni, chi potrà mai andare a controllare se Google ed Apple le distruggeranno veramente, e quando?
Ed in conclusione, visto che queste considerazioni le può fare qualsiasi cittadino, ritengo che il problema meriti un serio approfondimento da parte del Garante per la Privacy, tenendo conto che è in ballo una questione di trattamento di dati personali e sanitari.
Qualche riferimento:
GDPR e Profilazione Inconsapevole venerdì 27 luglio 2018
Posted by andy in Uncategorized.1 comment so far
Il tema più caldo degli ultimi mesi (e non solo per le temperature estive) è il GDPR ed i problemi che quasi tutti devono affrontare per conformarsi ai dettami del nuovo Regolamento europeo.
Uno dei problemi che ho riscontrato è quello che riguarda la profilazione dei visitatori del proprio sito web.
Per quanto ci si ingegni a far sparire dati personali e processi di profilazione dai trattamenti aziendali, esiste in moltissime organizzazioni una prassi talmente consolidata da essere diventata addirittura trasparente, anche agli occhi di personale preparato come quello di grandi aziende ed istituzioni.
Ho raccolto, in modo discorsivo, l’analisi di questo problema in questo articolo: GDPR e Profilazione Inconsapevole.
Mi auguro che possa essere un interessante spunto di approfondimento per tutti.
Anonymous, Wikileaks, Datagate … perché? giovedì 20 marzo 2014
Posted by andy in Internet e società, Uncategorized.Tags: Anonymous, Datagate, interpretazione, Wikileaks
add a comment
Ieri, al Security Summit di Milano, in occasione dell’Hacking Film Festival, ci siamo trovati a dibattere sul fenomeno di Anonymous, e sul perché sia nato.
Mi sono reso conto che, in questa occasione come in Rete, ci si trova sempre a girare intorno a motivazioni concernenti l’etica, l’oppressione, la privacy, la contestazione, e così via.
Non ricordo di aver mai sentito presentare motivazioni per questi fenomeni che abbiano una visione generale ed unificante.
Colgo quindi l’occasione per presentare una mia interpretazione del fenomeno, visto nel suo complesso.
Il ragionamento parte con il considerare Internet (in senso lato, con tutte le sue reti, i suoi elaboratori, programmi, e persone ed istituzioni che contribuiscono a gestirla ed a trattare le informazioni) come un organismo.
Tutto sommato, fin qui niente di nuovo: come il funzionamento ed il comportamento di città e metropoli viene studiato utilizzando anche con approcci biologici, ha assolutamente senso farlo anche ad una scala superiore.
In quest’ottica la mia visione mi porta a considerare tutti i sistemi di accentramento, analisi e controllo dell’informazione come tumori, che per vivere ed accrescere tolgono risorse all’organismo che li ospita.
L’organismo, a sua volta, sviluppa degli anticorpi per cercare di tenere sotto controllo, se non eliminare, la malattia.
Con un occhio più realista e concreto, basta andare a dare un’occhiata ai bilanci degli stati per rendersi conto di quante risorse economiche questi enti (NSA, etc.) tolgano ai bilanci dei rispettivi governi.
Un’ulteriore interpretazione può essere di tipo energetico: qualunque sistema fisico tende a portarsi ad uno stato di minima energia, mentre sistemi come la NSA, che tendono a consumare energia per non produrre nulla(*) in favore del funzionamento generale del sistema.
———-
(*) in un un’ottica generale che non considera la necessità di sistemi di compensazione per organi antagonisti (i Servizi degli altri stati).
“Prendiamo impegni troviamo soluzioni” – Call for solution di FORUM PA domenica 16 febbraio 2014
Posted by andy in Pubblica Amministrazione, Uncategorized.Tags: ForumPA, informatizzazione, iniziative, Miglioramento, PA, proposte
add a comment
Sono esterrefatto dal bando che è stato pubblicato da ForumPA.
Da una parte apprezzo moltissimo l’iniziativa per raccogliere idee e soluzioni da portare all’attenzione della PA.
La cosa sconvolgente è che la nostra PA da decenni fa programmi, recepisce indicazioni (a volte in forma coatta!), ma il massimo che riesce ad ‘inventare’ è la PEC.
E per tutto questo stipendiamo, da decenni, ministri e ministeri, segretari, sottosegretari, direttori generali, consulenti, specialisti …
… ma proviamo a guardare gli argomenti oggetti di invito a dare proposte:
1) PA digitale | 1.1 Come dematerializzare efficacemente archivi e documenti mantenendone l’accessibilità e la corretta memoria.I produttori sono tanti, con hardware e software più o meno sofisticati e costosi; il problema è che occorre far sparire la carta nel ciclo di vita delle informazioni.L’approccio più pratico, a lungo termine, è quello di ricodificare i documenti cartacei, ogni qualvolta tornano ad essere ‘vivi’, ed oggetto di aggiornamento.Tutto il resto della carta deve essere sottoposto a scansione prima della distruzione (sempre che l’informazione abbia ancora un valore legale o storico).1.2 Come realizzare veramente lo switch-off al digitale per i più importanti processi amministrativi.Come sopra: il dato deve nascere ed esistere soltanto digitalmente; Le applicazioni digitali che sostituiscono quelle tradizionali devono essere utilizzate per ogni nuova pratica; ogni pratica nata precedentemente o viene trattata ancora secondo il vecchio processo, o viene reinserito nel circolo digitale alla prima necessità.La scelta tra i due metodi deve essere fatta in base alla previsione di quante pratiche ante-digitale dovranno in pprevisione essere trasferite al digitale, o andranno a morire su carta.1.3 Come usare le tecnologie disponibili per ridurre il numero dei datacenter pubblici incrementando sicurezza e qualità del servizio erogato.
Certamente occorre adottare standard aperti (leggi OpenStack, etc.) per evitare il lock-in della PA su un particolare fornitore di tecnologie. Inoltre occorre proteggere i dati dei cittadini, e per questo è difficilmente accettabile l’outsourcing dei datacenter ed il delegare la gestione della sicurezza di infrastrutture così complesse. La PA deve fare l’insourcing del know-how necessario al padroneggiare sia i datacenter che le tecnologiie di virtualizzazione che la gestione della sicurezza delle informazioni in tutto il loro ciclo di vita. È ASSOLUTAMENTE IMPENSABILE l’idea di delegare fornitori terzi (tra cui i soliti noti …) a gestire e garantire la protezione delle informazioni. 1.4 Come rendere sempre possibile ed economico lo scambio di dati e informazioni tra amministrazioni. Open standard, open standard, ed ancora open standard. E formati aperti pubblicati ed accessibili a qualunque fornitore. 1.5 Come gestire in forma totalmente digitale tutti i pagamenti della PA sia in entrata sia in uscita. Come fanno tutti: accettando pagamenti elettronici, mediante home banking e carte di credito. 1.6 Come introdurre competenze e consapevolezza dell’utilizzo degli strumenti informatici nella scuola e nei programmi scolastici. Formando i formatori: è indispensabile incentivare le scuole ed i docenti a formarsi ed acquisire le necessarie competenze, ed introdurre nel Piano dell’Offerta Formativa le appropriate competenze. È FONDAMENTALE CHE LA SCUOLA COMPRENDA CHE LA SICUREZZA NON È TECNOLOGIA. |
|
|
2) Open Government | 2.1 Come favorire la partecipazione dei cittadini e la cittadinanza attiva.Raccolte digitale delle firme per la proposta di referendum abrogativi e di leggi di iniziativa popolare.2.2 Come favorire l’accesso, la divulgazione e l’uso di dati pubblici e la loro corretta interpretazione.
Pubblicazione di dati grezzi sotto licenza OpenData, ed integrazione di tali dati con quelli richiesti dal pubblico. Estensione dei dati pubblicati dall’ISTAT. Realizzazione di un sistema per la realizzazione di interrogazioni personalizzate da parte del pubblico. 2.3 Come favorire accountability e controllo sociale sull’operato della Pubblica Amministrazione. (Vedi 2.2) 2.4 Come favorire la collaborazione e la partnership tra i diversi attori sociali, economici, culturali e istituzionali. Responsabilizzazione: nel momento in cui gli onori non saranno più ‘diritti acquisiti’, ma funzione degli oneri, delle responsabilità e dei rischi, ogni persona sarà motivata a darsi obiettivi concreti ed a raggiungerli. 2.5 Come favorire la sussidiarietà orizzontale, la collaborazione e la partecipazione nel settore chiave del turismo e del corretto uso dei beni culturali e ambientali nell’ambito di un’offerta territoriale sempre più integrata per lo sviluppo sostenibile dei territori. Condivisione delle informazioni, realizzazione di sistemi informativi unificati, libera concorrenza di mercato e soprattutto controllo dell’efficacia ed efficienza dell’utilizzo delle risorse. |
|
|
3) Revisione della spesa pubblica | 3.1 Come introdurre strumenti di procurement innovativo e Partnership Pubblico-Privato per la fornitura di servizi e prodotti innovativi che permettono risparmi.Valorizzare le eccellenze sul territorio, prendere a riferimento le buone pratiche delle amministrazioni locali, e prevedere incentivi per miglioramenti rispetto ai parametri di riferimento.
Eliminare ogni requisito che possa portare al vendor lock-in. Lasciare alle PA locali ogni margine conseguito rispetto ai parametri presi a riferimento. 3.2 Come gestire meglio il patrimonio immobiliare pubblico aumentandone l’efficienza e la sostenibilità ambientale pubblicazione dei valori di mercato per prezzi ed affitti, e dei valori attuali dei prezzi di vendita e di affitto. Utilizzo di revisori esterni che valutino la correttezza delle valutazioni e dell’operato dei pubblici amministratori. Ovviamente, licenziamento dalla PA di qualsiasi dipendente che abbia perseguito interessi personali nello svolgimento dei propri incarichi. 3.3 Come rendere più efficienti i servizi pubblici locali a rete. Centralizzazione dei workflow con pubblicazione delle interfacce per agganciarsi ai sistemi informativi della PA, in modo da poter fornire ai cittadini ed alle imprese dei servizi informatizzati di base a cui agganciare il proprio business. 3.4 Come combattere l’evasione e l’elusione dei tributi locali. Non ammettere alle gare per le forniture pubbliche ogni azienda che abbia, a qualsiasi livello della proprietà, società in paradisi fiscali od assimilati. Pubblicazione on-line di ogni gara, di ogni aggiudicatario e dei verbali di aggiudicazione. Pubblicazione on-line dei parametri di qualità di ogni fornitore e di ogni commessa, in modo che il cittadino possa verificare quanto la qualità erogata dai fornitori sia all’altezza dei requisiti; inoltre, pubblicazione on-line dei livelli di servizio, del loro raggiungimento e dell’effettiva applicazione delle penali contrattuali. 3.5 Come ottenere risparmi con l’introduzione della identità digitale unificata e dell’anagrafe nazionale della popolazione residente. Cos’è? Una tautologia? I risparmi si conseguono <<con l’introduzione della identità digitale unificata e dell’anagrafe nazionale della popolazione residente>>. Unificare la carta d’identità, il codice fiscale, la tessera sanitaria, la patente, la tessera dei mezzi pubblici, etc. etc. etc. porta ad economie di scala nella quantità di supporti (tessere) da gestire, nella quantità di sistemi preposti alla gestione dell’anagrafe, e nella quantità di persone da adibire alla gestione delle identità. Inoltre sparirebbero i problemi legati all’allineamento e sincronizzazione delle basi dati e al disallinamento dei dati. 3.6 Come usare l’innovazione istituzionale, organizzativa e tecnologica per un welfare e una sanità sostenibile. In parte, vedi 3.1. |
|
|
4) Sviluppo del tessuto produttivo locale | 4.1 Come favorire lo sviluppo di un’imprenditoria moderna e innovativa fondata su la collaborazione e le reti di impresa.
La PA deve mettere a disposizione dell’impresa tutti i servizi di supporto alla gestione del rapporto con la PA: contabilità, amministrazione, burocrazia, gestione del bilancio, incasso crediti e pagamento delle imposte, notifica e gestione delle scadenze, ed indicazione dei contatti per ogni esigenza e pratica non standard. Ciò include anche l’apertura e chiusura delle imprese, e la gestione dell’assetto societario completamente on-line, grazie all’identità digitale del cittadino. Quanto sopra porterebbe ad una drastica riduzione dei costi per tutti i consulenti e professionisti che le imprese sono costrette a pagare per mediare il proprio rapporto con la PA. 4.2 Come promuovere l’internazionalizzazione delle imprese. La PA deve divenire proattiva nei confronti delle imprese, segnalando ogni opportunità, agevolazione ed incentivazione, semplificando l’accesso alle pratiche ed al disbrigo della burocrazia. 4.3 Come favorire la digitalizzazione delle PMI attraverso la formazione delle competenze digitali. Riduzione di tributi ed imposte per tutte le aziende che stabiliscono un rapporto digitale con la PA, che a loro volta ridurrebbero i costi di gestione per la PA stessa. 4.4 Come ridurre effettivamente gli oneri burocratici per le imprese attraverso la semplificazione degli adempimenti amministrativi. Vedi 4.1 e 4.3. |
Perché noi italiani siamo così vittime dell’apparenza? mercoledì 3 luglio 2013
Posted by andy in Uncategorized.add a comment
Perché imbianchiamo la palazzina quando deve arrivare il generale, invece che riparare gli apparati che ci occorrono per combattere?
Perché facciamo sparire gli scatoloni accumulati da mesi nei nostri locali quando sappiamo che deve venire in visita un’autorità?
Perché facciamo sparire tutte le nostre carte di lavoro dalla scrivania quando arriva un dirigente o l’ispezione della qualità?
Perché spostiamo gli scatoloni accumulati davanti agli estintori soltanto quando viene l’ispezione per la sicurezza sul lavoro?
… e potremmo andare avanti con queste considerazioni per molto, molto tempo …
È di oggi la notizia del decreto legge svuotacarceri: piuttosto che investire denaro per rendere operative le carceri inutilizzate ed assumere il personale necessario (cosa che creerebbe posti di lavoro), preferiamo evitare il problema e mettere in libertà le persone, per poi dover spendere nuovamente denaro per doverle ri-arrestare, ri-processare e rimettere nelle medesime carceri da cui sono uscite (carceri che nel frattempo non saranno né aumentate né si saranno allargate).
Il tutto senza considerare l’ulteriore danno alla società per la riduzione della sicurezza sociale, per i furti, per le violenze, etc.
Il problema di noi italiani è che non pensiamo al futuro perché non facciamo tesoro del passato; abbiamo la presunzione di inventare sempre tutto ex-novo, senza far tesoro delle esperienze passate, positive o negative che siano, e così continuiamo ad essere condannati a ripetere e rivivere la nostra storia, senza costruire nulla che la possa migliorare.
Ancora obblighi di legge … giovedì 29 novembre 2012
Posted by andy in Uncategorized.Tags: do ut des, pubblica amministrazione
add a comment
Parte il countdown per la chiusura del censimento ISTAT delle istituzioni pubbliche, fissata al 20 dicembre. Entro questa data tutte le istituzioni pubbliche – 13mila tra enti e amministrazioni e circa 15mila istituti scolastici – sono chiamate a compilare il questionario esclusivamente on line.
In Italia abbiamo sempre questo approccio normativo e coercitivo.
Anche per il censimento delle istituzioni pubbliche occorre una legge, con dispendio di risorse per pensarla, formalizzarla, ratificarla ed attuarla.
Centinaia di persone saranno coinvolte in questo sforzo.
Ritengo sarebbe più proficuo iniziare a pensare in un modo diverso; ad esempio, in questo caso sarebbe stato più semplice predisporre il questionario per il censimento, e quindi pubblicizzare, sia attraverso circolari interne, sia attraverso informazione pubblica, che gli enti che non restituiscono il questionario debitamente compilato entro la data del termine perderanno qualsiasi diritto al proprio riconoscimento, a fondi e finanziamenti, ed al posto di lavoro per tutti i lavoratori e collaboratori.
In sostanza, occorre trasformare quello che viene visto come un ulteriore adempimento burocratico in una necessità ed in un’opportunità per la sopravvivenza.
È ora di finirla di aspettarsi che lo ‘Stato’ debba fare al posto nostro: lo Stato siamo noi, cittadini, lavoratori della PA, dirigenti … e tutti dobbiamo imparare a rimboccarci le maniche e a dare una mano, soprattutto ora che la situazione è critica per tutti.
A parere mio occorre quindi modificare l’approccio in quello del ‘do ut des’: ti chiedo uno sforzo, ma in cambio ti offro un vantaggio.
Di Twitter, della diffamazione e dell’Effetto Streisand giovedì 22 novembre 2012
Posted by andy in Internet e società, Uncategorized.Tags: diffamazione, effetto streisand, Twitter
add a comment
UK: un politico (Robert Alistair McAlpine) viene coinvolto per errore in un caso di pedofilia, e parte il tam tam su Twitter per riportare la notizia.
Il falso scoop giornalistico è ccostato le proprie dimissioni al direttore generale della BBC George Entwistle.
McAlpine ora vuole citare per danni non solo chi ha diiffuso l’errata notizia, ma anche tutti gli utenti che l’hanno diffusa e propagata in Rete via Twitter: ipotizza 5 sterline per le decine di migliaia di utenti che hanno twit’ato e retwit’ato la notizia, devolvendo poi in beneficenza il raccolto.
È una buona lezione da imparare: è fondamentale imparare a verificare le notizie prima di spettegolare in rete riportando notizie non verificate e cose che non si conoscono.
Mi piace anche l’azione simbolica della devoluzione in beneficienza, che forse vedrà una maggior benevolenza della Giustizia ad accogliere la richiesta e far partire un’indagine verso così tanti rei.
Resta il fatto che, come la Rete ha colpito, la Rete rimedia: rispetto alle migliaia di persone che hanno propagato la (dis)informazione (poche, rispetto ai numeri di Internet), la Rete rimedia (grazie all’Effetto Streisand).