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L’Italia a ‘conduzione familiare’ giovedì 24 novembre 2011

Posted by andy in vita quotidiana.
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Lungi da me l’idea di occuparmi di politica in questo blog, ma negli ultimi mesi ho sentito tanti commenti sull’attuale situazione politico-economico dell’Italia che ritengo a dir poco assurdi (per la verità, la quasi totalità).

Vedo una classe politica e giornalistica vecchia, che tenta ancora di mantenere un proprio spazio e di giustificare la propria esistenza dietro a montagne di parole ed elucubrazioni di socio-economia mondiale, di poteri occulti, etc. etc. etc.

Pochi, o per la verità quasi nessuno, ha provato ad affrontare la questione in modo più semplice e realista, e con parole comprensibili ai cittadini.

Ho sentito parlare di ‘governo delle banche’, di poteri occulti, di attacchi alle economie, di fondi occulti che aggrediscono le economie nazionali attraverso attacchi speculativi …

La cosa invece è molto più semplice, e proverò qui a darne una mia interpretazione, utilizzando parallelismi tra l’Italia e la famiglia o una piccola azienda, tutte realtà la cui gestione è facilmente comprensibile ai più.

Proviamo ad immaginare l’Italia come una normale famiglia: cosa è accaduto negli ultimi decenni? È semplice: la famiglia ha iniziato a spendere più di quanto portava a casa con gli stipendi dei suoi componenti (i cittadini), ed ha quindi fatto ricorso alle banche per chiedere dei prestiti (BOT, etc.), impegnandosi a restituire il prestito con i relativi interessi.

Ma con questo la famiglia non ha utilizzato il denaro chiesto in prestito per rimettersi in sesto: ha invece continuato a sperperare (anche il denaro chiesto in prestito), per cui quanto è arrivato il momento di tornare in banca per iniziare a pagare le rate di interessi dovuti si è trovata a non avere il denaro necessario.

Allora cosa ha fatto la famiglia Italia? È andata da un’altra banca, ed ha chiesto un ulteriore prestito del denaro (altri titoli di stato) che ha utilizzato per far pagare gli interessi alla prima banca.

E così via, banca dopo banca.

Cosa è successo ora? La famiglia Italia ha fatto il giro di tutte le banche, ed è tornata dalla prima, per proseguire con questo gioco perverso del farsi prestare sempre nuovo denaro da impiegare parzialmente per rimborsare interesse, ed in buona parte per continuare a vivere sopra le proprie possibilità.

A questo punto la prima banca (quella che ci aveva prestato i soldi per prima) invece che vederci tornare con il denaro da restituire, ci vede comparire per fare ulteriori debiti, ed a questo punto si insospettisce: ‘cos’hai fatto con il mio denaro‘ – si chiede – ‘che invece che restituirmelo sei qui a chiedermene ancora?‘.

Una telefonata di qua, una telefonata di la, e la banca scopre che non solo non hai più soldi, ma che di sei impegnato anche con le altre banche.

A quel punto la banca cosa fa? Inizia ad ipotecarti tutto quello che può, per garantirsi il prestito (in pratica,stipendi, pensioni, benefit, …)

La prossima fase, se non risolviamo il problema, è il pignoramento.

Proviamo ora a vedere l’Italia come una comune azienda (meglio se una PMI: sono più vicine a noi e meno soggette a ‘logiche di business’  … poco legate al mercato reale, per così dire …).

Quando una persona vuole avviare un’attività imprenditoriale, e non ha sufficienti fondi propri o dalla propria famiglia, cosa fa?

È semplice: va in banca per chiede un finanziamento.

D’altra parte la banca non apre i cordoni della borsa se il richiedente non presenta un business plan convincente che dimostri come il finanziamento possa fruttare a sufficienza per restituire l’importo prestato, per pagare i relativi interessi accumulati, e per lasciare anche un certo margine che assicuri la vita e la crescita dell’azienda (OK, lo so: in Italia le banche ‘prestano’ soldi soltanto a chi fornisce equivalenti garanzie personali, cosa che è un assurdo, ma se la nostra economia va a rotoli, un motivo ci sarà pure, no?).

A questo punto cosa ha fatto l’azienda Italia? Si è spesa i denari ottenuti in iniziative non fruttifere (anzi, a perdere), e quando è stato il momento di restituire il denaro (vedi sopra) è tornata in banca per chiedere un nuovo prestito con cui iniziare a pagare almeno gli interessi sul finanziamento precedente.

Iterate il giochino un po’ di volte e la banca arriva al punto di dire: non ti presto più denaro se non mi dimostri che sei in grado di restituirmi tutti i prestiti precedenti e tutti gli interessi accumulati.

Se l’azienda ha esaurito gli argomenti convincenti in teoria resta soltanto il fallimento, ma come extrema ratio il giudice che dovrebbe dichiarare il fallimento dell’azienda effettua un ultimo tentativo, mettendo l’azienda in quella che si chiama ‘amministrazione controllata’.

Di fatto, il giudice sostituisce le persone amministratrici con una (o più) di propria fiducia, a cui assegna il compito di risanare l’azienda, pagando i debiti e riportandola in attivo.

Ebbene, ora l’Italia si trova in questo stato di amministrazione controllata, o meglio, come è stato detto, di ‘commissariamento’.

Il giudice si chiama Europa, ed i nuovi amministratori / controllori si chiamano Germania, Francia, Stati Uniti, etc. – di fatto, le principali banche che ci hanno prestato i soldi.

È quindi inutile che reclamiamo la nostra sovranità: abbiamo rinunciato alla nostra libertà amministrativa nel momento in cui abbiamo fatto più debiti di quelli che avremmo potuto  rifondere, passando di fatto il controllo amministrativo a coloro che ci hanno prestato i soldi.

Visto in un’ottica un po’ più cattiva, ma realistica e soprattutto chiarificatrice, se una persona va dagli strozzini a farsi prestare del denaro, non può pensare di dire poi ‘ho scherzato, non ti posso restituire il denaro’: lo strozzino prima cerca di proteggere il proprio investimento imponendo politiche tali da poter recuperare il denaro e gli interessi dovuti, e se poi il debitore allora non ce la fa, beh …. allora in questo caso si cerca di dare un esempio che sia di monito per tutti gli altri nella medesima situazione (o che ci si vogliono trovare).

Esistono poi due ulteriori aspetti nella gestione del debito: il creditore può rinunciare ad un po’ dei propri soldi, e cedere il proprio credito ad altri che sono convinti di essere meglio in grado di recuperare la somma prestata, oppure il debitore accetta di pagare ulteriori interessi per ‘comprare’ ulteriore tempo per poter restituire tutto il denaro.

La morale qual’è? quando ci si indebita, chi va a guadagnare è soltanto il creditore, e se il debito arriva a superare la capacità di guadagno per ripagare debito ed interessi ci si viene a trovare in una situazione di sudditanza economica (vedi anche carte di credito revolving, di fatto messe fuori legge).

Ulteriore opportunità per chi non riesce a ripagare i propri debiti è

Il Crowdsourcing ed il giornalismo investigativo di massa giovedì 24 novembre 2011

Posted by andy in Internet e società, privacy.
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Sono rimasto stupefatto dalla fantasia di un giornale (il Guardian inglese) e dall’ennesima manifestazione delle incredibili opportunità della Rete.

Mi riferisco in particolare alla notizia che ho appreso qui, in merito ad un’indagine giornalistica portata avanti con e grazie al supporto della Rete.

Il tema è semplice: vi erano sospetti che alcuni parlamentari si facessero più o meno regolarmente rimborsare spese non lecite.

Il problema è che quando sono state chieste, per trasparenza, le evidenze delle spese sostenute, il governo ha reso si disponibili circa mezzo milione di documenti, tra ricevute e non, ma in forma digitalizzata invece che sintetica (immagini invece che testo), e quindi praticamente non analizzabile attraverso strumenti informatici; l’approccio del Governo è stato denominato ‘BlackoutGate’ proprio per le enormi proporzioni del tentativo di insabbiamento dell’indagine.’

L’obiettivo era evidentemente quello di far desistere chiunque dall’analisi dei contenuti, vista l’immane quantità di lavoro necessaria.

La mirabile idea del Guardian è stata quella di utilizzare la Rete ed i suoi cittadini per affrontare in modo massivo l’analisi dei documenti; ha quindi fatto ricorso a quello che viene definito come ‘crowdsourcing’, ovverosia outsourcing di massa, pubblicando online il gioco ‘Investigate Your MP’s Expenses‘, il cui obiettivo è di analizzare e catalogare tutti i documenti forniti dal Governo e segnalare tutti quelli potenzialmente anomali ed illeciti.

L’obiettivo del gioco è quello di apparire e salire nella classifica dei ‘top segnalatori’ di spese non giustificate.

Il gioco è stato definito come il primo progetto al mondo di giornalismo investigativo massively multiplayer.

Ad oggi, circa la metà dei documenti è stata analizzata da circa 30.000 persone, e di risultati sulle anomalie vengono pubblicati ed aggiornati on-line.

Grazie all’indagine, già una trentina di parlamentari ha già rassegnato le dimissioni o ha annunciato di ritirarsi a fine legislatura, ed alcuni procedimenti giudiziari sono già stati avviati dalla magistratura per i reati già accertati.

Ulteriore aspetto, particolarmente interessante dato il periodo di crisi, è il recupero del maltolto da parte della pubblica amministrazione, per un importo già accertato ad oggi di oltre un milione di sterline.

La morale? È semplice: Internet = trasparenza.

Nessuno strumento nella storia dell’uomo ha dato così tanto potere ai cittadini di controllare i propri amministratori.

La ‘potenza di calcolo’ dei cittadini in Rete è superiore a qualsiasi tentativo di ostacolamento, senza contare le grandi opportunità per la diffusione di documenti ed informazioni che si vorrebbero tenere gelosamente segrete (leggi: WikiLeaks).

Contenuti Internet ‘a due velocità’ lunedì 21 novembre 2011

Posted by andy in Internet e società, privacy.
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Il W3C (il consorzio che stabilisce gli standard del World Wide Web) ha pubblicato la prima bozza di un nuovo framework per la gestione della privacy degli utenti. Anche per l’ENISA (European Network and Information Security Agency) l’eccessivo logging online fa male alla vita delle persone.

la moderna pratica di logging ubiquo dei siti e servizi web in un vero e proprio incubo da “tracciamento di vita” online.

La crescente sensibilità ed attenzione alla privacy, soprattutto in Europa, sta portando i produttori di browser ed il W3C alla definizione delle modalità per gestire la Tracking Preference Expression, ovverosia un set di standard mediante i quali esprimere le proprie preferenze in merito alle pratiche di tracciamento da parte dei siti, e la Tracking Compliance and Scope Specification per la definizione di preferenze “Do Not Track” e le relative pratiche che i siti web dovranno (o almeno dovrebbero) adottare per rispettarle.

Di fatto, il mercato sta catalizzando degli anticorpi per proteggersi da un’eccessiva contaminazione da ‘loggers’.

D’altra parte il mercato ed i produttori, utenti e servizi on-line hanno sempre vissuto di una crescente simbiosi: l’uno non ha scopo senza l’altro.

Occorre anche aggiungere che ormai la quasi totalità dei servizi online vengono fruiti gratuitamente (limitando l’accezione al solo pagamento in valuta); ovviamente i miliardi di dollari che occorrono per sostenere lo sviluppo ed i costi delle infrastrutture che supportano tali servizi provengono dai profitti derivanti dal possesso, analisi e vendita dell’unico vero bene raccolto e gestito: l’informazione sugli utenti e sulle loro preferenze ed abitudini.

Qualsiasi pratica volta quindi a limitare la raccolta di informazioni sugli utenti porterà quindi a limitare i profitti, e quindi i budget a supporto dello sviluppo dei servizi e del mantenimento delle necessarie infrastrutture.

Ma difficilmente il mercato accetterà facilmente tagli ai propri profitti, e quindi tenderà a muoversi in modo da contrastare la potenziale riduzione dei dati che potranno essere raccolti.

Come motivare gli utenti ad acconsentire la propria profilazione?

Personalmente mi immagino una possibile evoluzione simile a quella ipotizzata per la ‘Internet a due velocità‘, ovverosia la pratica di privilegiare il traffico destinato verso siti paganti e penalizzare quello verso siti comuni (non paganti), con tutte le implicazioni del caso, tra cui le notevoli possibilità per lo sviluppo di pratiche di concorrenza sleale tra provider, a tutto di scapito dell’utente.

Mutuando quindi il concetto, vaticino una Internet con contenuti a due velocità, inteso ovviamente non nel senso della banda garantita, ma della quantità di informazione e di servizi accessibili.

In pratica succederà che chi espone i contenuti lo farà in modo condizionato: più ti lasci tracciare, più contenuti ti consento di consultare.

Tutto sommato qualcosa di analogo è già stato fatto in passato con la pubblicità, e penso che verrà ripreso a causa di tutti i filtri utilizzati nei browser: contenuti in cambio di pubblicità.

Do ut des, insomma: se vuoi contenuti a valore aggiunto, quali giochi, musica, film, notizie, etc. dovrai accettare che i tuoi contenuti vengano tracciati, e possibilmente non filtrare la pubblicità che cercano di propinarti.