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Perché la nostra PA è così refrattaria ad un vero processo di informatizzazione mercoledì 14 marzo 2012

Posted by andy in Internet e società.
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Si parla molto di eGovernment; spesso si fanno confronti tra la situazione dell’Italia e quella di altri paesi, e sorge spontaneo chiedersi come mai altri siano più avanti del nostro, a volte anche molto.

Certamente vi sono ragioni storiche, che in qualche modo si riflettono sul corpus normativo e sulla classe politica.

Senza pretese di completezza, porto qualche pillola di esperienza, e qualche considerazione, sul perché la nostra PA è così refrattaria ad un vero processo di informatizzazione:
Senza fare confronti specifici tra l’Italia e gli altri paesi, posso dire che qui da noi, tendenzialmente, l’informatizzazione dei processi viene realizzata ‘informatizzando’ gli attuali flussi informativi.
Questo significa che se in origine un processo prevedeva che il documento D dovesse andare dall’ufficio A all’ufficio B, ed in copia all’ufficio C, l’informatizzazione del processo viene realizzata inviando una email dall’ufficio A all’ufficio B, e per conoscenza all’ufficio C, senza capire che è molto più semplice conservare il documento in un unico posto, ed aprendo e chiudendo gli accessi ai vari attori con gli opportuni tempi e le opportune autorizzazioni (le implicazioni sono chiare).
Ovviamente in qualche punto della catena è previsto per legge che ad una copia debba essere apposto il timbro e la vidimazione dell’ufficio, per cui qualcuno stampa una copia del documento elettronico, lo timbra, lo firma e lo mette in archivio.

Senza contare che alcuni intendono con ‘informatizzazione’ la scansione e l’archiviazione di documenti cartacei (così di fatto inutilizzabili dal punto di vista informatico, in quanto non indicizzabili), invece che mantenere e conservare i documenti originali elettronici.

Le ragioni possono essere molte; alcune di quelle che ho personalmente riscontrato sono:

  • necessità di mantenere i posti di lavoro; una sana informatizzazione elimina la necessità della manovalanza e libera risorse;
  • rifiuto da parte del personale di comprendere e adeguarsi a nuovi modi di pensare e di lavorare (per pigrizia o corporativismo sindacale);
  • difficoltà, ostacoli e tempi biblici nel modificare il corpus legislativo per adeguare le norme alle opportunità offerte dalle nuove tecnologie;
  • estrema rigidità della PA nel riqualificare le persone per spostarle da incarichi divenuti obsoleti ed inutili verso posizioni più utili e produttive;
  • difficoltà nell’incentivare le persone ad accettare incarichi diversi da quello storico assegnato (sia per l’impossibilità di riconoscere scatti di livello e/o incentivi economici, sia per le gelosie dei colleghi che non sono disposti ad accettare che qualcuno possa ottenere trattamenti diversi dagli altri);
  • prevenzione ed ignoranza sulla protezione delle informazioni: molte persone si sentono più sicure con una montagna di carta conservata nel proprio ufficio piuttosto che con dei documenti elettronici criptati e conservati su server ben blindati;
  • presunzione di proprietà dei dati: molte persone ritengono di essere proprietari dei dati che trattano, dimenticandosi invece che i dati sono della PA e loro sono soltanto degli incaricati, che possono dover essere sostituiti in svariati frangenti (malattia, pensione, un bel 6 al SuperEnalotto, …).