Il FOSS nella P.A. giovedì 16 ottobre 2008
Posted by andy in Internet e società, Miglioramento.Tags: FOSS e PA, free software, pubblica amministrazione
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Caspita!
… sto a ffà l’ammericano!
Ma non è mio uso parlare per sigle, ma quanno ce vò, ce vò.
Faccio riferimento ad una notizia che ho letto oggi, sull’impegno della regione Sardegna all’adozione ed all’utilizzo di software libero.
La notizia in sé non mi ha stupito: è una tendenza ormai avviata, e già in passato interi stati hanno adottato strategie di questo genere.
Quello che invece ha attirato la mia attenzione è la varietà di commenti, ed anche di preconcetti, su tale decisione.
Ci sono alcuni che interpretano tale scelta come la decisione dello stato di imporre Linux al popolo.
Altri che hanno paura che non si possa più produrre software per lo stato senza vedersene espropriati.
Altri che ritengono che sia impossibile risparmiare commissionando lo sviluppo di un software invece che comperandolo a rate – pardon, a licenze.
Insomma, nei commenti letto un po’ di tutto.
A parer mio, molti stanno facendo confusione tra software libero e Linux.
Linux è un sistema operativo (di fatto, un kernel) su cui girano miriadi di librerie e programmi che adottano sia licenze libere che non.
Il fatto interessante è che tutto questo software gira, più o meno senza ritocchi, anche su altri sistemi operativi e piattaforme hardware (Windows, Mac, BSD, etc., per non parlare anche di hardware di tipo mobile).
FOSS non significa che qualcuno ha scelto uno ed un solo sistema operativo per noi: significa invece che dà a tutti la libertà di utilizzare il software, eventualmente adattandolo, su qualunque piattaforma ed in qualunque contesto desideri.
Molti web server utilizzano Apache installato su Windows.
Il fatto è che possono utilizzare anche altri sistemi operativi, e se alcune aziende ed organizzazioni scelgono il mondo M$, lo fanno perché nel loro contesto è più pratico fare così.
FOSS significa standard ed interoperabilità: proprio per il fatto che nessuno può sperare di costruire un monopolio con software FOSS, l’unico modo per sperare che un software venga ampiamente utilizzato e diffuso è fare in modo che sia il più possibile interoperabile con l’esistente.
A parer mio occorre dividere il problema in due: software orizzontale e software verticale.
Con software orizzontale intendo sistemi operativi, suite di office automation, browser, client di posta, server di posta, web server, fax server, e tutto quanto può essere considerato uno strumento per la realizzazione dei servizi.
Con software verticale intendo quello realizzato per risolvere i problemi specifici dell’organizzazione.
Ora, a quanto ho sentito, per l’acquisto di licenze software l’anno scorso il nostro stato ha speso circa 500 milioni di Euro; è una cifra che non ho avuto modo di verificare, ma è credibile; non so dirvi se includa anche le realizzazioni di software verticale.
Per quanto riguarda il software orizzontale direi che per l’utilizzo quotidiano del tipico utente della P.A. il software FOSS è assolutamente adeguato; in aggiunta in generale non richiede il frequente onere aggiuntivo della sostituzione dell’hardware, in quanto il software proprietario ha in genere la tendenza a richiedere sempre più risorse.
Aggiungo che il software proprietario ha due limiti fondamentali: il primo è che non è dato conoscerne il livello di sicurezza interno; il secondo è che quando il fornitore decide di rilasciare una nuova versione, l’unica chance per il cliente è di pagare l’upgrade, o di tenersi un software che non sarà più sottoposto a manutenzione correttiva ed evolutiva.
Per quanto concerne il software verticale esiste una situazione di fatto per cui il software realizzato per la P.A., pur essendo teoricamente di proprietà della stessa, in realtà crea dei monopoli produttivi delle società realizzatrici, per cui il teorico vantaggio della disponibilità dei sorgenti viene vanificato dai costi spesso irragionevoli dovuti soprattutto alla manutenzione correttiva ed evolutiva del software stesso.
Resta fermo il fatto che i costi per i servizi di assistenza e manutenzione del software e per la formazione del personale, sia sul software orizzontale che verticale, sono sostanzialmente indipendenti dalla gratuità o meno del software stesso, e che i costi di conduzione e manutenzione dei sistemi sono anch’essi indipendenti dal tipo di licenza che accompagna il software.
In pratica cosa sta succedendo?
Succede che un po’ alla volta si stanno spostando gli investimenti dall’acquisto del diritto ad utilizzare un software all’acquisto della garanzia di poterne avere lo sviluppo e la manutenzione con condizioni di competitività e di mercato.
Personalmente aggiungo (ma questo è un parere puramente personale) che tutto ciò che è comprato con soldi pubblici deve essere pubblico, e cioè pubblicato, accessibile e verificabile da ogni cittadino.
Questo vale per i bandi di gara, per le offerte, per gli indicatori di qualità di ogni servizio, ed anche dei sorgenti del software e della relativa documentazione.
Aggiungo una precisazione: nel mio excursus intendevo riferirmi al software specifico per la P.A., quello che non ha un mercato fuori da quel contesto.
Il software per la gestione dei comuni, o del fascicolo durante il procedimento giudiziario, non hanno valore fuori da quel contesto, e neppure in contesti equivalenti, ma stranieri.
Per quanto riguarda esigenze più generali, per quanto di nicchia, queste hanno comunque un mercato anche fuori dalla P.A.
È evidente, ed è quanto è stato stabilito in Sardegna, che il software proprietario può avere un senso (può soddisfare requisiti che software FOSS non soddisfa), ma tale scelta deve essere motivata.
Ed è ovvio che in generale non ha senso economico per la P.A. commissionare lo sviluppo per un software ex-novo, quanto ne esiste già uno soddisfacente sul mercato.
Vero è anche il fatto che un senso economico potrebbe averlo, e provo a fare un esempio: supponiamo che la P.A. identifichi l’esigenza di un particolare software, ma che questo debba essere installato su un numero notevole di postazioni (sostanzialmente, che il costo del numero di licenze occorrenti sia comparabile con il costo della realizzazione ex-novo); in queste condizioni può valere la pena commissionarne lo sviluppo, sapendo che i successivi costi, soprattutto per la personalizzazione, saranno sicuramente competitivi, e non ci si troverà legati mani e piedi ad un fornitore che può decidere di fare o meno quanto gli si chiede, con i propri tempi e con i propri costi.